a Peppino Impastato e Santo De Luca

lunedì 31 maggio 2010

AUGURI CLINT

OMAGGIO PER I SUOI 80 ANNI
Clinton "Clint" Eastwood (San Francisco, 31 maggio 1930) è un attore, regista, produttore cinematografico e autore di colonne sonore statunitense, vincitore due volte del Premio Oscar per la miglior regia, uno alla memoria Irving G. Thalberg, e due come miglior film.
Negli anni settanta è stato protagonista della serie Dirty Harry, conosciuto in Italia come l'ispettore Callaghan (Callahan senza "G" in versione originale). In precedenza, negli anni sessanta è stato protagonista della cosiddetta trilogia del dollaro del regista romano Sergio Leone, padre del genere spaghetti-western.
La vendetta del mostro (Revenge of the Creature), regia di Jack Arnold (1955) - non accreditato

FILMOGRAFIA
Francis in the Navy, regia di Arthur Lubin (1955)
Lady Godiva, regia di Arthur Lubin (1955) - non accreditato
Tarantola (Tarantula), regia di Jack Arnold (1955) - non accreditato
Come prima, meglio di prima (Never Say Goodbye), regia di Jerry Hopper (1956) - non accreditato
Esecuzione al tramonto (Star in the Dust), regia di Charles F. Haas (1956) - non accreditato
Scialuppe a mare (Away All Boats), regia di Joseph Pevney (1956) - non accreditato
Vita di una commessa viaggiatrice (The First Traveling Saleslady), regia di Arthur Lubin (1956)
Due gentiluomini attraverso il Giappone (Escapade in Japan), regia di Arthur Lubin (1957) - non accreditato
La squadriglia Lafayette (Lafayette Escadrille), regia di William A. Wellman (1958)
L'urlo di guerra degli apaches (Ambush at Cimarron Pass), regia di Jodie Copelan (1958)
Rawhide, Serie Tv di 217 episodi (1959-1966)
Per un pugno di dollari, regia di Sergio Leone (1964)
Per qualche dollaro in più, regia di Sergio Leone (1965)
Il buono, il brutto, il cattivo, regia di Sergio Leone (1966)
Impiccalo più in alto (Hang 'Em High), regia di Ted Post (1967)
Le streghe nell'episodio Una sera come le altre, regia di Vittorio De Sica (1967)
L'uomo dalla cravatta di cuoio (Coogan's Bluff), regia di Don Siegel (1968)
Dove osano le aquile (Where Eagles Dare), regia di Brian G. Hutton (1969)
La ballata della città senza nome (Paint Your Wagon), regia di Joshua Logan (1969)
Gli avvoltoi hanno fame (Two Mules for Sister Sara), regia di Don Siegel (1970)
I guerrieri (Kelly's Heroes), regia di Brian G. Hutton (1970)
La notte brava del soldato Jonathan (The Beguiled), regia di Don Siegel (1971)
Brivido nella notte (Play Misty for Me), regia di Clint Eastwood (1971)
Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo, (Dirty Harry), regia di Don Siegel (1971)
Joe Kidd, regia di John Sturges (1972)
Lo straniero senza nome (High Plains Drifter), regia di Clint Eastwood (1973)
Breezy, regia di Clint Eastwood (1973) - non accreditato
Una 44 Magnum per l'Ispettore Callaghan (Magnum Force), regia di Ted Post (1973)
Una calibro 20 per lo specialista (Thunderbolt and Lightfoot), regia di Michael Cimino (1974)
Assassinio sull'Eiger (The Eiger Sanction), regia di Clint Eastwood (1975)
Il texano dagli occhi di ghiaccio (The Outlaw Josey Wales), regia di Clint Eastwood (1976)
Cielo di piombo, ispettore Callaghan (The Enforcer), regia di James Fargo (1976)
L'uomo nel mirino (The Gauntlet), regia di Clint Eastwood (1977)
Filo da torcere (Every Which Way But Loose), regia di James Fargo (1978)
Fuga da Alcatraz (Escape from Alcatraz), regia di Don Siegel (1979)
Bronco Billy, regia di Clint Eastwood (1980)
Fai come ti pare (Any Which Way You Can), regia di Buddy Van Horn (1980)
Firefox - Volpe di fuoco (Firefox), regia di Clint Eastwood (1982)
Honkytonk Man, regia di Clint Eastwood (1982)
Coraggio... fatti ammazzare (Sudden Impact), regia di Clint Eastwood (1983)
Corda tesa (Tightrope), regia di Richard Tuggle (1984)
Per piacere... non salvarmi più la vita (City Heat), regia di Richard Benjamin (1984)
Il cavaliere pallido (Pale Rider), regia di Clint Eastwood (1985)
Gunny (Heartbreak Ridge), regia di Clint Eastwood (1986)
Scommessa con la morte (The Dead Pool), regia di Buddy Van Horn (1988)
Pink Cadillac, regia di Buddy Van Horn (1989)
Cacciatore bianco, cuore nero (White Hunter Black Heart), regia di Clint Eastwood (1990)
La recluta (The Rookie), regia di Clint Eastwood (1990)
Gli spietati (Unforgiven), regia di Clint Eastwood (1992)
Nel centro del mirino (In the Line of Fire), regia di Wolfgang Petersen (1993)
Un mondo perfetto (A Perfect World), regia di Clint Eastwood (1993)
Le cento e una notte, regia di Agnès Varda (1995) cameo
Un secolo di cinema - Viaggio nel cinema americano di Martin Scorsese (A Personal Journey with Martin Scorsese Through American Movies), regia di Martin Scorsese (1995) - documentario
Casper, regia di Brad Silberling (1995) - cameo
I ponti di Madison County (The Bridges of Madison County), regia di Clint Eastwood (1995)
Potere assoluto (Absolute Power), regia di Clint Eastwood (1997)
Fino a prova contraria (True Crime), regia di Clint Eastwood (1999)
Space Cowboys, regia di Clint Eastwood (2000)
Debito di sangue (Blood Work), regia di Clint Eastwood (2002)
Million Dollar Baby, regia di Clint Eastwood (2004)
Gran Torino, regia di Clint Eastwood (2008)

mercoledì 26 maggio 2010

L’eredità di Tobagi un valore da custodire

Walter Tobagi assassinato. La lezione del cronista che capì i nuovi barbari.
Quel 28 maggio di trent’anni fa, era un mercoledì, pioveva e faceva ancora freddo. La primavera a Milano era stata inclemente e l’emergenza del terrorismo, che vivevamo con angoscia quotidiana, sembrava essersi trasformata persino in un cupo fenomeno atmosferico.
Il cielo color piombo, come i troppi anni di soffocante assedio della violenza e del terrore. La mattina, nello stanzone a pian terreno della cronaca di Milano, scorreva regolare nei suoi riti: il caffè, la riunione, le chiacchiere sciolte. Eravamo in due o tre, non di più. Allora i giornali si facevano soprattutto di sera e di notte, le redazioni si animavano verso le cinque del pomeriggio, il ticchettio assordante delle macchine per scrivere (oggi non lo sopporteremmo) si scatenava verso le sette, le otto. Non passava giorno, in quegli anni, che non venisse ucciso o gambizzato (brutto neologismo dell’epoca) qualcuno. E anche noi giornalisti avevamo la netta sensazione di poter essere, come lo eravamo già stati, nel mirino dei terroristi. C’era chi, esagerando come spesso ci accade, si era comprato un’arma, così per sentirsi più sicuro; chi uscendo di casa cambiava ogni giorno percorso; chi confessava di continuare a guardarsi le spalle.
Fabio Mantica, vice capocronista, un maestro della cronaca, alzò il pesante telefono di bachelite nera. Il suo viso si fece all’improvviso scuro e una smorfia gli disegnò il volto già scavato dagli anni. Era un uomo di poche parole, Mantica, ma di rara umanità. Scattò verso l’uscio e salì di corsa in direzione al primo piano. Walter Tobagi era già stato ucciso, ma noi non lo sapevamo ancora. Non c’erano telefonini, siti online, non c’era twitter, solo quei pesanti telefoni fissi, insopportabili in duplex, che restarono ammutoliti per interminabili secondi, durante i quali i nostri sguardi di cronisti si incrociarono nel tentare di capire che cosa fosse accaduto. Poi cominciarono a squillare tutti insieme. Un inferno. Mantica scese in lacrime quando noi avevamo già capito e ci sentivamo sperduti e paralizzati dal dolore. Si appoggiò allo stipite della porta principale dello stanzone, quasi lasciandosi andare. «Ma forse non è morto », disse un collega. «No, nulla da fare, Walter è morto».
Uscimmo tutti di corsa, saltammo in fretta sulle macchine posteggiate più vicino e ci precipitammo sul luogo dell’agguato. Lungo il tragitto, lo ricordo perfettamente, eravamo in tre, nessuno di noi parlò. Appena arrivati, vedemmo una scena alla quale eravamo largamente abituati e che ormai non ci faceva più il minimo effetto: le pantere della polizia e le gazzelle dei carabinieri, come si diceva allora, le ambulanze, la concitazione, le urla, il disordine assoluto. La gente era assiepata, tenuta a bada con fatica e come prigioniera di un senso generale d’impotenza e di sconforto. Le parole spezzate, gli sguardi fissi. Ma c’era chi girava il capo e proseguiva allungando il passo, cercando di dimenticare tutto in fretta. Come se la battaglia contro il terrorismo fosse stata ormai persa, definitivamente, e si dovesse per forza convivere con il terrorismo omicida. Levando lo sguardo: una sorta di omertà. In altre occasioni un pensiero del genere non mi era venuto in mente, non ci avevo fatto caso. Quella volta sì perché sotto il lenzuolo sporco di sangue e intriso di pioggia c’era uno di noi, un collega, un amico. Il velo di cinismo che accompagna il lavoro del cronista, e ne fa un testimone utile proprio perché non sopraffatto dall’emotività, aveva lasciato il posto al dolore e alla rabbia, a un senso opprimente di ingiustizia.
Mi vergognavo di non averlo provato altre volte, quel sentimento. Ho riletto l’articolo di Fabio

Felicetti, pubblicato il giorno dopo l’agguato in prima pagina sul Corriere. Un pezzo di rara tenerezza espressiva e nello stesso tempo asciutto e privo di retorica, quasi distaccato: descriveva quel corpo sbattuto sull’asfalto davanti al ristorante «Dai gemelli», come se lo dovesse toccare, sorreggere, quasi rianimare: la penna schizzata via dal taschino, l’ombrello caduto, la mano che sembrava ancora muoversi. Non dimenticherò di quelle ore convulse il pianto del direttore, Franco Di Bella, il dolore composto del suo vice Gaspare Barbiellini Amidei, il questore Sciaraffia che tentava di consolarli entrambi, la faccia impietrita di Angelo Rizzoli. Ma soprattutto gli sguardi smarriti dei tanti colleghi che erano accorsi lì, in via Salaino, una via sconosciuta, laterale, che poi per molti anni nessuno di noi avrebbe avuto più il coraggio di percorrere. Il direttore Di Bella era uomo duro, schietto, ma di straordinaria carica umana: sembrava aver perduto ogni forza. E ogni speranza. Come noi. Al funerale di Walter gridò la sua rabbia contro uno Stato che non sapeva difendere un suo cittadino. Ancora una volta, come tante volte. Eppure, non lo sapevamo e nessuno di noi lo immaginava, la lotta contro il terrorismo stava per essere vinta grazie ai tanti semi gettati con coraggio in una società provata e disillusa. Molti di quei semi erano nelle parole e negli articoli di Walter, come nei gesti e nell’opera silenziosa di tanti servitori dello Stato.
Il tempo, quel mercoledì, si era fermato all’improvviso. L’arrivo del padre di Walter, il suo urlo («Figlio mio») e il suo amorevole tentativo di nascondere alla nuora Stella la vista del corpo di Walter, ancora schiacciato contro il marciapiede: scene rimaste scolpite per sempre nella mia mente. La rappresentazione del dolore più profondo. Il calvario senza resurrezione. Ma l’immagine che mi è sembrata rappresentare di più la tragedia è quella di Walter ancora vivo, un po’ stanco, ma come sempre arguto e intelligente, la sera prima, al Circolo della Stampa di Milano a un dibattito sull’informazione e sul terrorismo. «È vero, c’è un imbarbarimento della società italiana che tocca tutti, ma sappiamo come nasce, e non possiamo meravigliarci ogni volta che ne scopriamo gli effetti... dobbiamo impedire che si propaghi». Walter parlava, citando Mario Borsa, direttore del «Corriere» nell’immediato dopoguerra, della libertà di stampa e della necessità che il pluralismo fosse garantito dalla corretta e aperta concorrenza fra gruppi editoriali. E aggiungeva: «Non è assolutamente sano in un Paese democratico che la politica si faccia nei palazzi di giustizia». Sono passati trent’anni, tutto è cambiato, ma le parole di Walter conservano una straordinaria attualità. La sua eredità morale e culturale rimane integra e viva. Intatta la testimonianza professionale di un cronista libero; fecondo il lascito di un pensatore riformista; profonda la scia di un cattolico impegnato nella società, desideroso di comprenderne le trasformazioni e di segnalarne con onestà e precisione le anomalie, i germi della violenza e del terrorismo.

Quella mattina, prima di sapere che era stato ucciso, una voce parlava di un portavalori ammazzato. Dopotutto, l’informazione non era errata, Walter è stato ed è il nostro portavalori. E che valori! A noi il compito arduo di custodirli senza retorica e amnesie.

NON SPARIAMO SULLE CINQUANTENNI...

Le nostre "ITALIANE CINQUANTENNI" eccole qui,dopo 30 anni (e anche più) di azienda, stanche  per aver quasi raggiunto un traguardo , che a pensarci bene lascia sempre un po di amaro in bocca.
Hanno fatto della propria scrivania una seconda casa, hanno portato per anni il loro vissuto dentro queste mura, hanno fatto crescere con il loro lavoro la compagnia diventandone parte  della sua storia.
Adesso sono qui presenti come sempre, sul pezzo come sempre, ma agli occhi di molti sono come invisibili, lasciate in una sorta di lenta agonia fino al momento dei saluti e del rituale "si goda i suoi giorni da pensionata ".
Lo sanno anche loro che le cose sono cambiate, loro per 30 anni hanno visto cambiare le cose, sono abituate ai cambiamenti, hanno molto da dirci su questo, ma spesso nessuno le ascolta.
Non stanno chiedendo di dargli il colpo di grazia ,stanno solo cercando qualcuno che le sappia ascoltare.
perchè hanno ancora molto da dare...
NON SPARIAMO SULLE CINQUANTENNI!

martedì 25 maggio 2010

CINEMA INTERNAZIONALE

Tra mistero ed enigmi un viaggio tutto da scoprire e da capire.

Venerdì 28 sciopero dei mezzi Atm

A Milano possibili disagi per metropolitana, bus e tram dalle 8.45 alle 15 e dalle 18 a fine servizio.


MILANO - Per venerdì 28 maggio, le strutture Nazionali delle organizzazioni sindacali Filt Cgil, Fit Cisl, Uil Uilt, Orsa, Faisa Cisal, Ugl e Fast Ferrovie hanno proclamato uno sciopero nazionale di 24 ore. Le modalità di adesione previste variano da città a città. A Milano l’agitazione è prevista dalle 8.45 alle 15 e dalle 18 al termine del servizio: durante queste fasce orarie saranno quindi possibili disagi. Corse garantite dal mattino fino alle 8.45 e dalle 15 alle 18. A Como, per la funicolare Como-Brunate gestita da Atm, possibili disagi, invece, dalle 8.30 alle 16.30 e dalle 19.30 al termine. Attivo il sistema Infomobilità: edizioni straordinarie di Atm Tg, annunci sonori, messaggi sui display alle fermate di superficie e sui video a bordo dei bus. Per informazioni: sito internet www.atm-mi.it e numero verde 800.80.81.81. (fonte: Atm)

lunedì 24 maggio 2010

RINNOVO CCNL

COMUNICATO

Le organizzazioni sindacali del settore hanno completato gli approfondimenti e il confronto unitario finalizzato alla stesura della piattaforma per il rinnovo del CCNL.
Gli obiettivi dell’ipotesi di piattaforma rispondono alle aspettative dei direzionali, degli addetti del call center e dei produttori.
L’ipotesi di piattaforma, che verrà presentata e sottoposta al vaglio delle lavoratrici e dei lavoratori prima del periodo feriale, va nella direzione dell’incremento del potere d’acquisto dei salari, del miglioramento delle
condizioni lavorative della terza parte e dei produttori e di un consolidamento degli assetti contrattuali normativi con particolare attenzione alla tutela dei livelli occupazionali e della professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori del settore assicurativo.
Anche lo strumento del Fondo di Solidarietà per il nostro settore, sottoscritto dalle parti lo scorso ottobre e in corso di approvazione parlamentare, va nella medesima dimensione.
L’ipotesi di piattaforma contrattuale definita rappresenta il risultato di una forte capacità unitaria delle organizzazioni sindacali del settore che si è consolidata in occasione di tutti i rinnovi contrattuali nazionali del comparto assicurativo.
Tale volontà unitaria rappresenta la premessa indispensabile affinché la trattativa per il rinnovo del CCNL si sviluppi all’interno di un quadro positivo al fine di raggiungere risultati importanti e significativi per tutta la categoria.
Le Segreterie Nazionali
FIBA CISL FISAC CGIL FNA SNFIA UILCA
22 maggio 2010

I giovani? Assenti per malattia

Gli impiegati junior si ammalano più di quelli senior.
Giovani e in salute? Accadeva un tempo, forse; al giorno d'oggi, sembra che la salute sul posto di lavoro di chi ha tra i 25 e i 34 anni sia più precaria di quella di chi ha passato gli "anta". Questo, almeno, è quanto emerge dalla ricerca "Paese Italia, la salute nelle organizzazioni di lavoro", realizzata da Fondazione ISTUD per il ministero del Welfare.

Ammalato il 27% in più
Partendo da una ridefinizione del concetto di salute non nei termini di "assenza di malattia", ma piuttosto di "star bene" sul posto di lavoro, la ricerca ha indagato l'importante tema della salute sui luoghi di lavoro. I risultati, per certi versi, non hanno lesinato sorprese: i giovani tra i 25 e i 34 anni, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico, si ammalano mediamente il 27% in più dei collaboratori "senior" (45-55 anni).
Il peso della psicologia
Secondo i ricercatori, tali risultati possono essere stati determinati in maniera assai rilevante da motivazioni psicologiche. Se in temi recenti diversi studi hanno dimostrato che nelle aziende dove c'è un buon clima i dipendenti sono più motivati e produttivi, lo studio dell'ISTUD ha sottolineato come proprio i lavoratori più giovani siano quelli che maggiormente risentono dell'atmosfera che si respira in azienda.
Sistema di difesa contro la delusione
Spiega Giulia Marini: "I giovani sono esigenti, cercano un significato nel lavoro che fanno, ma non sempre hanno la possibilità di trovarlo. E questo li delude, fino a farli stare male. In Italia la gran parte dei trentenni vive ancora in famiglia (quasi il 60% dei 25-29enni e oltre il 30% dei 30-34enni): è quindi pensabile che il nucleo familiare possa costituire una sorta di scudo di protezione, che può condizionare inconsapevolmente i giovani lavoratori a stare a casa in malattia".
L'importanza dell'esperienza
A tenere i lavoratori più esperti al riparo dalle malattie, invece, sarebbe la maggiore esperienza: uno scudo capace di ripararli dai sovraccarichi emotivi cui il lavoro, talvolta, espone. In questo senso, suggerisce la ricerca, sarebbe fondamentale incentivare le pratiche di tutorship e mentoring all'interno delle aziende, costruendo un ponte più saldo tra giovani e "vecchi" impiegati.

venerdì 21 maggio 2010

AUGURI LEGGE 300 DEL 20/05/1970

40 ANNI DELLO STATUTO DEI LAVORATORI
Con la denominazione di Statuto dei Lavoratori, ci si riferisce alla legge n. 300 del 20 maggio 1970, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.", che è una delle norme principali del diritto del lavoro italiano. La sua introduzione provocò importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali; ad oggi di fatto costituisce, a seguito di minori integrazioni e modifiche, l'ossatura e la base di molte previsioni ordinamentali in materia di diritto del lavoro
L'esigenza di una regolazione precisa ed equitativa dei meccanismi del mondo del lavoro crebbe di importanza nella seconda metà del Novecento quando, dovendosi ripensare la strutturazione dello stato post-fascista, la revisione dei rapporti sociali dovette tener conto dell'accresciuta rilevanza del mondo del lavoro fra i temi importanti nel novello regime di democrazia. Questo in virtù della non funzionalità, per un regime democratico, della struttura corporativistica introdotta sotto la dittatura fascista.
Parallelamente i giuristi discettavano sull'eventuale utilità ed opportunità di rifocalizzare il contratto di lavoro, analizzando il lavoratore nella sua posizione di soggetto contraente, anziché traguardare la materia riferendosi al mero oggetto negoziale (la prestazione d'opera) del rapporto; tecnicamente si parlò di rivalutazione delle capacità lavorative.
Nel dopoguerra, perciò, l'approvazione di una Carta costituzionale contenente proprio al suo primo articolo il riferimento al lavoro come punto fondante dell'ordinamento repubblicano, diede un ulteriormente corroborante valore simbolico alle tensioni politiche che già dalla fine dell'Ottocento propugnavano forme di "civilizzazione" del lavoro dipendente e subordinato e che miravano ad equilibrare in senso democratico la relazione fra padronato e lavoratori. Certo non esenti da qualche, almeno marginale, influenza delle teorie marxiste, queste tensioni vivevano comunque di autonomo sviluppo, coinvolgendo prevalentemente partiti e movimenti di sinistra che si posero a baluardo dei ceti interessati, mentre altre formazioni di impronta conservatrice sostennero politicamente le istanze delle classi padronali.
Il cammino verso una normativa coerente col nuovo dettato costituzionale era partito molto tempo prima ed era avanzato solo per piccoli passi. Le conquiste ottenute sino a quel momento riguardavano infatti piccole, ma per i tempi significative, limitazioni opposte avverso una certa "disinvoltura" nella gestione dei lavoratori: la fissazione di limiti minimi di età per il lavoro minorile in cave e miniere, la riduzione della durata della giornata lavorativa ad 11 ore per i minori ed a 12 per le donne, il diritto di associazione sindacale e quello di sciopero, le prime normative antinfortunistiche e l'obbligo di forme assicurative (1920), il condizionamento del rilascio delle licenze amministrative all'assolvimento dell'obbligo di scolarità dei figli (TULPS - tale obbligo limitava la possibilità pratica di induzione al lavoro di minori e la norma ne incrementò l'efficacia), il divieto di mediazione di lavoro (caporalato - previsione del codice civile), insieme ad altre norme oggi forse non ben riconoscibili nell'importanza che ebbero al tempo in cui furono emanate.
La Costituzione contribuì in maniera essenziale alla strutturazione delle basi del nostro Diritto del lavoro, introducendo principi che, successivamente, lo Statuto del lavoratori avrebbe fatto propri. Principi come quelli dell'art. 1 e dell'art. 4 che, oltre a decretare il lavoro come base stabile del nostro ordinamento repubblicano, ne sanciscono anche il diritto in capo ad ogni cittadino.
La nascente democrazia "fondata sul lavoro" avrebbe, però, dovuto fare i conti con le molte residue arretratezze ancora presenti nel nostro ordinamento. Non tardò perciò Giuseppe Di Vittorio (il più autorevole esponente della CGIL, presidente della FSM, la Federazione Sindacale Mondiale) a pronunciarsi apertamente (1952) per l'opportunità della definizione di una legge quadro che riformulasse l'intera materia, e lo fece parlandone proprio in termini di statuto.
Il testo dello Statuto dei lavoratori contiene norme relative a numerose previsioni specifiche, su alcune delle quali si sofferma in modo dettagliato. Si divide in un titolo dedicato al rispetto della dignità del lavoratore, in due titoli dedicati alla libertà ed all'attività sindacali, in un titolo sul collocamento ed in uno sulle disposizioni transitorie.
Lo Statuto sancisce, in primo luogo, la libertà di opinione del lavoratore (art.1), che non può quindi essere oggetto di trattamento differenziato in dipendenza da sue opinioni politiche o religiose e che, per un successivo verso, non può essere indagato per queste nemmeno in fase di selezione per l'assunzione. Questi passi trovano una loro spiegazione di migliore evidenza segnalando che, nel dopoguerra, si verificarono numerosi casi di licenziamento di operai che conducevano attività politica o che, anche indirettamente, si rivelavano militanti di forze politiche o sindacali non gradite alle aziende.
L'attività lavorativa, l'apporto operativo del lavoratore, è poi svincolata da alcune forme di controllo che la norma giudica improprie e che portano lo Statuto a formulare specifici divieti quali, ad esempio:
divieto, per il datore di lavoro, di assegnare del personale di vigilanza al controllo dell'attività lavorativa dei lavoratori (secondo l'art.3 tale personale di vigilanza può esercitare esclusivamente la vigilanza sul patrimonio aziendale)
divieto d'uso di impianti audiovisivi (art.4) e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Diverse sentenze dei pretori del lavoro hanno orientato la giurisprudenza ad un'estensione e classificazione più dettagliati degli impianti aziendali utilizzabili per un controllo a distanza del lavoratore. Fra questi rientrano i navigatori satellitari posti nelle auto aziendali o in dotazione ai cellulari di lavoratori che hanno l'obbligo della reperibilità.
Anche l'installazione nei database di file di log pubblici consente uno strumento di controllo della produttività del lavoratore. Tali sistemi mostrano in un file di testo, oppure in una tabella di più facile interpretazione, ora e data di tutte le operazioni in visualizzazione e aggiornamento compiute da un utente, mostrando il relativo nome. Talora, sono visibili solamente agli informatici che hanno privilegi di amministratore di sistema e comunque possono essere inviati a quanti richiedono un controllo "personalizzato". Possono essere interni ad un database oppure del sistema operativo intero, e registrare quindi qualunque operazione un utente faccia nel proprio terminale.
Anche le visite personali di controllo sul lavoratore (si badi bene che ci si riferisce all'art. 6 dello statuto e non all'art.5 che riguarda invece gli accertamenti sanitari), ovvero le perquisizioni all'uscita del turno (principalmente effettuate per verificare che il lavoratore non si sia appropriato di beni prodotti o di altro materiale di proprietà dell'azienda), sono sottoposte a limitazioni di dettagliata rigorosità.
Al fine di limitare inoltre impropri eccessi del datore di lavoro, eventualmente risultanti in indebite pressioni, sono vietati accertamenti diretti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente, delegando agli enti pubblici competenti tali accertamenti (art.5 visita fiscale).
Di particolare interesse, oltre a tutti gli articoli del primo titolo (artt.1-13, riguardanti anche il regime sanzionatorio, gli studenti lavoratori, ecc.) è il regime applicativo dello statuto. Leggendo l'art.35 dello statuto ci rendiamo conto come gli articoli dal 19 al 27 e, l'ormai famoso, art. 18 (oggetto di tante dispute e lotte), si applichino ad aziende con "...sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti..." (ridotti a cinque per le imprese agricole). Questa buona porzione dello statuto del lavoratori riguarda innanzitutto l'attività sindacale e, per l'art.18, l'annoso problema del reintegro nel posto di lavoro.
La disposizione dell'art.36 e quella dell'art.37 (che limita fortemente l'applicazione dell'intero statuto nel campo dell'impiego pubblico), riducono in maniera considerevole il numero di lavoratori che possono usufruire in maniera completa della protezione offerta dallo statuto.

Storicamente l'Italia non è stata sede (e la tendenza è confermata anche al giorno d'oggi) di aziende con un elevato numero di dipendenti; la maggior parte delle aziende italiane rientrano, infatti, nel novero delle "piccole e medie imprese)" alle quali buona parte dello statuto non si applica.
Proprio per queste ultime motivazioni si è sentita l'esigenza negli ultimi anni, sia da destra che da sinistra, di un adeguamento del testo della legge o comunque l'esigenza di una tutela differenziata e approfondita di quelle categorie di lavoratori non rientranti nelle casistiche previste dall'attuale previsione dello Statuto dei lavoratori.
TITOLO I - DELLA LIBERTÀ E DIGNITÀ DEL LAVORATORE

Art. 1 - Libertà di opinione
I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge.
Art. 2 - Guardie giurate
Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate, di cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale. Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio aziendale. E' fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza sull'attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma. In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata delle disposizioni di cui al presente articolo, l'Ispettorato del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte del prefetto nei casi più gravi.
Art. 3 - Personale di vigilanza
I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell'attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati.
Art. 4 - Impianti audiovisivi
E' vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti. Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti. Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Art. 5 - Accertamenti sanitari
Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda. Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico.
Art. 6 - Visite personali di controllo
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti. In tali casi le visite personali potranno essere effettuate soltanto a condizione che siano eseguite all'uscita dei luoghi di lavoro, che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del lavoratore e che avvengano con l'applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori. Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali, nonché, ferme restando le condizioni di cui al secondo comma del presente articolo, le relative modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro. Contro i provvedimenti dell'Ispettorato del lavoro di cui al precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo articolo 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Art. 7 - Sanzioni disciplinari
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio. Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.
Art. 8 - Divieto di indagini sulle opinioni
E' fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore.
Art. 9 - Tutela della salute e dell'integrità fisica
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.
Art. 10 - Lavoratori studenti
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali. I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti. Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.
Art. 11 - Attività culturali, ricreative e assistenziali e controlli sul servizio di mensa
Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse nell'azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai rappresentanti dei lavoratori. Le rappresentanze sindacali aziendali, costituite a norma dell'art. 19, hanno diritto di controllare la qualità del servizio di mensa secondo modalità stabilite dalla contrattazione collettiva.
Art. 12 - Istituti di patronato
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l'adempimento dei compiti di cui al D. Lgs. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, hanno diritto di svolgere, su un piano di parità, la loro attività all'interno dell'azienda, secondo le modalità da stabilirsi con accordi aziendali.
Art. 13 - Mansioni del lavoratore
L'articolo 2103 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo".
TITOLO II - DELLA LIBERTÀ SINDACALE
Art. 14 - Diritto di associazione e di attività sindacale
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro.
Art. 15 - Atti discriminatori
E' nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di farne parte; licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età, o basata sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali.
Art. 16 - Trattamenti economici collettivi discriminatori
E' vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio a mente dell'articolo 15. Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata attuata la discriminazione di cui al comma precedente o delle associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato, accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento, a favore del fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all'importo dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente corrisposti nel periodo massimo di un anno.
Art. 17 - Sindacati di comodo
E' fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
Art. 18 - Reintegrazione nel posto di lavoro
Ferme restando l'esperibilità delle procedure previste dall'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro. Ai fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui primo comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale, per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie. Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell'effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell'indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti. La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è provvisoriamente esecutiva. Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile. L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa. Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore.
TITOLO III - DELL'ATTIVITÀ SINDACALE
Art. 19 - Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito: […]; delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva. Nell'ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze sindacali possono istituire organi di coordinamento.
Art. 20 - Assemblea
I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell'orario di lavoro, nonché durante l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva. Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi - sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo l'ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro. Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di lavoro, dirigenti esterni del sindacato che ha costituito la rappresentanza sindacale aziendale. Ulteriori modalità per l'esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
Art. 21 - Referendum
Il datore di lavoro deve consentire nell'ambito aziendale lo svolgimento, fuori dell'orario di lavoro, di referendum, sia generali che per categoria, su materie inerenti all'attività sindacale, indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali tra i lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità produttiva e alla categoria particolarmente interessata. Ulteriori modalità per lo svolgimento del referendum possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.
Art. 22- Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali
Il trasferimento dall'unità produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19, dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza. Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto, quinto, sesto e settimo dell'articolo 18 si applicano sino alla fine del terzo mese successivo a quello in cui è stata eletta la commissione interna per i candidati nelle elezioni della commissione stessa e sino alla fine dell'anno successivo a quello in cui è cessato l'incarico per tutti gli altri.
Art. 23 - Permessi retribuiti
I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 hanno diritto, per l'espletamento del loro mandato, a permessi retribuiti. Salvo clausole più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro hanno diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata; un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive che occupano fino a 3.000 dipendenti della categoria per cui la stessa è organizzata; un dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti della categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero minimo di cui alla precedente lettera b). I permessi retribuiti di cui al presente articolo non potranno essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i permessi retribuiti non potranno essere inferiori ad un'ora all'anno per ciascun dipendente. Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al primo comma deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola 24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
Art. 24 - Permessi non retribuiti
I dirigenti sindacali aziendali di cui all'articolo 23 hanno diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a otto giorni all'anno. I lavoratori che intendano esercitare il diritto di cui al comma precedente devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola tre giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
Art. 25 - Diritto di affissione
Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere, su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l'obbligo di predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all'interno dell'unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a materie di interesse sindacale e del lavoro.
Art. 26 - Contributi sindacali
I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale. […] […]
Art. 27 - Locali delle rappresentanze sindacali aziendali
Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali, per l'esercizio delle loro funzioni, un idoneo locale comune all'interno dell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa. Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV - DISPOSIZIONI VARIE E GENERALI
Art. 28 - Repressione della condotta antisindacale
Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti. L'efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile. Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell'articolo 650 del codice penale. L'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale. [...] [...]
Art. 29 - Fusione delle rappresentanze sindacali aziendali
Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all'articolo 19 si siano costituite nell'ambito di due o più delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo predetto, nonché nella ipotesi di fusione di più rappresentanze sindacali, i limiti numerici stabiliti dall'articolo 23, secondo comma, si intendono riferiti a ciascuna delle associazioni sindacali unitariamente rappresentate nella unità produttiva. Quando la formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua alla fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 19, i limiti numerici della tutela accordata ai dirigenti di rappresentanze sindacali aziendali, stabiliti in applicazione dell'articolo 23, secondo comma, ovvero del primo comma del presente articolo restano immutati.
Art. 30 - Permessi per i dirigenti provinciali e nazionali
I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni di cui all'articolo 19 hanno diritto a permessi retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.
Art. 31 - Aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali
I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato. La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali. I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati utili, a richiesta dell'interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria di cui al regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed integrazioni, nonché a carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l'esonero. Durante i periodi di aspettativa l'interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime. Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione e per malattia, in relazione all'attività espletata durante il periodo di aspettativa.
Art. 32 - Permessi ai lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive
I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o provinciale che non chiedano di essere collocati in aspettativa sono, a loro richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario all'espletamento del mandato, senza alcuna decurtazione della retribuzione. I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore comunale, ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore provinciale hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta ore mensili.
TITOLO V - NORME SUL COLLOCAMENTO
Art. 33 - Collocamento
La commissione per il collocamento, di cui all'articolo 26 della legge 29 aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso le sezioni zonali, comunali e frazionali degli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione, quando ne facciano richiesta le organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative. Alla nomina della commissione provvede il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, il quale, nel richiedere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, tiene conto del grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e assegna loro un termine di 15 giorni, decorso il quale provvede d'ufficio. La commissione è presieduta dal dirigente della sezione zonale, comunale, frazionale, ovvero da un suo delegato, e delibera a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente. La commissione ha il compito di stabilire e di aggiornare periodicamente la graduatoria delle precedenze per l'avviamento al lavoro, secondo i criteri di cui al quarto comma dell'articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264. Salvo il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, la sezione di collocamento, nella scelta del lavoratore da avviare al lavoro, deve uniformarsi alla graduatoria di cui al comma precedente, che deve essere esposta al pubblico presso la sezione medesima e deve essere aggiornata ad ogni chiusura dell'ufficio con la indicazione degli avviati. Devono altresì essere esposte al pubblico le richieste numeriche che pervengono dalle ditte. La commissione ha anche il compito di rilasciare il nulla osta per l'avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di quelle di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti di lavoro. Nei casi di motivata urgenza, l'avviamento è provvisoriamente autorizzato dalla sezione di collocamento e deve essere convalidato dalla commissione di cui al primo comma del presente articolo, entro dieci giorni. Dei dinieghi di avviamento al lavoro per richiesta nominativa deve essere data motivazione scritta su apposito verbale in duplice copia, una da tenere presso la sezione di collocamento e l'altra presso il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro. Tale motivazione scritta deve essere immediatamente trasmessa al datore di lavoro richiedente. Nel caso in cui la commissione neghi la convalida ovvero non si pronunci entro venti giorni dalla data della comunicazione di avviamento, gli interessati possono inoltrare ricorso al direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro, il quale decide in via definitiva, su conforme parere della commissione di cui all'articolo 25 della legge 29 aprile 1949, n. 264. I turni di lavoro di cui all'articolo 16 della legge 29 aprile 1949, n. 264, sono stabiliti dalla commissione e in nessun caso possono essere modificati dalla sezione. Il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro annulla d'ufficio i provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro in contrasto con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del direttore dell'ufficio provinciale del lavoro è ammesso ricorso al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale. Per il passaggio del lavoratore dall'azienda nella quale è occupato ad un'altra occorre il nulla osta della sezione di collocamento competente. Ai datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite degli uffici di collocamento, sono applicate le sanzioni previste dall'articolo 38 della presente legge. Le norme contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264, rimangono in vigore in quanto non modificate dalla presente legge.
Art. 34 - Richieste nominative di manodopera
A decorrere dal novantesimo giorno dall'entrata in vigore della presente legge, le richieste nominative di manodopera da avviare al lavoro sono ammesse esclusivamente per i componenti del nucleo familiare del datore di lavoro, per i lavoratori di concetto e per gli appartenenti a ristrette categorie di lavoratori altamente specializzati, da stabilirsi con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la commissione centrale di cui alla legge 29 aprile 1949, n. 264.
TITOLO VI - DISPOSIZIONI FINALI E PENALI
Art. 35 - Campo di applicazione
Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni del titolo III, ad eccezione del primo comma dell'articolo 27, della presente legge si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti. Le stesse disposizioni si applicano alle imprese agricole che occupano più di cinque dipendenti. Le norme suddette si applicano, altresì, alle imprese industriali e commerciali che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti. Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15, 16 e 17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi di cui alla presente legge alle imprese di navigazione per il personale navigante.
Art. 36 - Obblighi dei titolari di benefici accordati dallo Stato e degli appaltatori di opere pubbliche
Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un'attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona. Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui l'imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge. Ogni infrazione al suddetto obbligo che sia accertata dall'Ispettorato del lavoro viene comunicata immediatamente ai Ministri nella cui amministrazione sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adotteranno le opportune determinazioni, fino alla revoca del beneficio, e nei casi più gravi o nel caso di recidiva potranno decidere l'esclusione del responsabile, per un tempo fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie e creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali l'Ispettorato del lavoro comunica direttamente le infrazioni per l'adozione delle sanzioni.
Art. 37 - Applicazione ai dipendenti da enti pubblici
Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti dagli altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali.
Art. 38 - Disposizioni penali
Le violazioni degli articoli 2, 4, 5, 6, 8 e 15, primo comma lettera a), sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda da lire 300.000 a lire 3.000.000 o con l'arresto da 15 giorni ad un anno. Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente. Quando per le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita nel primo comma può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo. Nei casi previsti dal secondo comma, l'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale.
Art. 39 - Versamento delle ammende al Fondo adeguamento pensioni
L'importo delle ammende è versato al Fondo adeguamento pensioni dei lavoratori.
Art. 40 - Abrogazione delle disposizioni contrastanti
Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella presente legge è abrogata. Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori.
Art. 41 - Esenzioni fiscali
Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della presente legge e per l'esercizio dei diritti connessi, nonché tutti gli atti e documenti relativi ai giudizi nascenti dalla sua applicazione sono esenti da bollo, imposte di registro o di qualsiasi altra specie e da tasse.

giovedì 20 maggio 2010

MONDO DONNA

Post-partum e psicologia.
principali disturbi psicologici che si possono manifestare nel periodo del post parto sono:

Stati confusionali ad insorgenza precoce
Disturbi post traumatici da stress
Disturbi della relazione madre-bambino
Disturbi d’ansia
Disturbo da attachi di panico, Disturbo Ossessivo Compulsivo
Disturbi dell’umore
Baby blues, Depressione post-partum
Psicosi puerperali
E’ importante ricordare che:
La depressione post-partum ha un’elevata prevalenza (10- 15% delle madri).
Nella maggior parte dei casi gli episodi depressivi hanno una durata non trascurabile ( 3 – 9 mesi)
La depressione post-partum trascurata o sottovalutata può avere effetti negativi su tutta la famiglia, condizionando il corretto sviluppo di una buona relazione madre-bambino.
I sintomi della depressione post-partum sono spesso tenuti nascosti, per motivi di vergogna e disistima.
Riconoscere i sintomi e poterne parlare liberamente con personale preparato, coinvolgendo anche i familiari più vicini, è il primo passo per la risoluzione del problema nella maggior parte dei casi.
I disturbi d’ansia nel post partum
Ansia e panico
Disturbo Ossessivo Compulsivo
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) colpisce il 3-5% delle madri nel periodo successivo al parto. È caratterizzato dalla presenza di pensieri o immagini mentali intrusivi, ripetitivi e persistenti, che solitamente riguardano gesti di nocumento contro il bambino, (ferirlo, ucciderlo).Questi pensieri sono percepiti come spaventosi e terribili (egodistonici), le madri temono che potrebbero veramente metterli in atto e adottano numerose strategie per evitare che queste immagini mentali possano realizzarsi.
Ad esempio la madre affetta da DOC finisce per evitare di entrare in cucina o di cucinare per non maneggiare coltelli, evitare di prendere in mano strumenti appuntiti o affilati, evitare di affacciarsi alle finestre, ai balconi o scendere le scale col bambino o di permettere a terzi di fare queste cose in sua presenza, evitare di fare il bagno al bambino o di prenderlo in braccio per timore di farlo cadere. Spesso le madri sentono di non volere affatto nuocere al loro bambino, ma temono di poterlo fare in modo incontrollato, e non si fidano più di loro stesse.
La presenza di tali pensieri può accompagnarsi a rituali compulsivi, che inizialmente riducono l’ansia; molto diffusi i rituali di controllo su porte e finestre e di pulizia (se mio figlio si ammalerà, sarà tutta colpa mia perché non ho pulito abbastanza), che si caratterizzano per la lunga durata e la ripetitività.
Il principale fattori di rischio per lo sviluppo di disturbo ossessivo compulsivo post-partum è la presenza di una precedente storia di DOC, personale o familiare.
Il trattamento di questa patologia si basa, come quello del disturbo ossessivo compulsivo al di fuori del post parto, sulla combinazione di psicoterapia ad indirizzo cognitivo vomportamentale e di una farmacoterapia specifica, spesso necessaria a causa della gravità dei sintomi.
I disturbi dell’umore nel post partum
Baby Blues
Non è considerato un vero e proprio disturbo, perchè è legato alle grandi variazioni ormonali che avvengono qualche giorno dopo il parto e tende ad autolimitarsi per poi scomparire definitivamente nel giro di pochi giorni.
Il baby blues colpisce la stragrande maggioranza delle madri. Il suo esordio avviene nella prima settimana dopo il parto, ma i sintomi possono perdurare fino a tre settimane.
Sintomi e cause del baby blues
Sbalzi di umore
Umore labile, con facile tendenza al pianto
Tristezza
Ansia
Mancanza di concentrazione
Sensazione di dipendenza
Il baby blues è provocato da più fattori: molto importanti sono i rapidi cambiamenti ormonali che avvengono subito dopo il parto, lo stress psico-fisico legato al momento del travaglio e del parto, le complicanze fisiche del post-partum, come i postumi dell’episiotomia o del taglio cesareo che limitano l’autonomia della madre, la fatica fisica, l’ansia legata all’aumento delle responsabilità, l’insorgenza di imprevisti o contrasti con i familiari, i parenti e così via.
In questa situazione è molto importante poter condividere le esperienze provate con altre mamme e poter pianificare una buona divisione dei compiti con il compagno o i familiari stretti.
Depressione post-partum
Si tratta di un problema complesso e dalla diffusione crescente. Si stima che possa colpire fino al 10% – 15% delle madri.
L’esordio è sfumato e graduale, ma può anche essere molto rapido; avviene dal terzo mese al primo anno dopo il parto.
È importante ricordare che una depressione post-partum non curata tende a cronicizzare, che la depressione della madre riduce le possibilità di sviluppare una buona sintonia col bambino, cosa che aumenta il disagio e complica la soluzione del quadro depressivo stesso.
La gravità può variare da episodi di depressione minore, (spesso non diagnosticati, perché il funzionamento della madre è apparentemente buono anche se i vissuti e le esperienze emotive sono di tipo depressivo, per il riemergere di conflittualità non risolte con le figure significative di riferimento) fino ad episodi di grave depressione maggiore.
Sintomi della depressione post-partum
Le madri affette da questa patologia provano una eccessiva preoccupazione o ansia, sono estremamente irritabili e si sentono sovraccariche e sotto pressione; è spesso presente una generale difficoltà nel prendere decisioni, l’umore è depresso, sono frequenti sentimenti di colpa e perdita di speranza nel futuro unita ad una marcata perdita di interesse o di piacere nel fare le cose.
Sia il sonno che l’appetito sono compromessi: il sonno è disturbato (può essere presente insonnia o ipersonnia), e l’appetito può variare grandemente, dall’iporessia a franchi episodi bulimici; possono comparire sintomi fisici (solitamente dolori, parestesie, debolezza muscolare).
Alcuni sintomi specifici riguardano la relazione madre-bambino e spesso acuiscono nella madre sentimenti di colpa, vergogna e inidoneità al ruolo di madre. In particolare è molto frequente
Avvertire il bambino come un peso
Non riuscire a provare emozioni nei confronti del bambino
Sentirsi inadeguate nella cura del bambino, avere paura di restare sole con lui
Pensare di essere madri e mogli incapaci
Non riuscire a concentrarsi nelle cose quotidiane, che hanno a che fare con l’interazione madre-bambino (riconoscimento dei bisogni reciproci, sintonizzazione emotiva, le semplici cure parentali)
Fattori di rischio della depressione post partum
Una serie di condizioni è stata individuata come più frequente nelle madri che sono andate incontro a depressione post-partum. I principali fattori di rischio individuati sono:
Episodi di ansia o depressione durante la gravidanza
Storia personale o familiare di depressione
Eventi traumatici nell’ultimo anno (lutti)
Conflitti coniugali
Isolamento sociale o condizioni socioeconomiche sfavorevoli
Storia di sindrome premestruale o disturbo disforico premestruale
Precedenti episodi di depressione post partum
Disturbi della funzionalità tiroidea
Trattamento della depressione post-partum
La terapia della depressione post-partum si basa fondamentalmente sulla psicoterapia. Tuttavia in una grande percentuale dei casi questa va integrata con un trattamento farmacologico. La farmacoterapia è quasi sempre necessaria nelle forme caratterizzate da una notevole gravità dei sintomi.

mercoledì 19 maggio 2010

Lavoro e sostegno all'economia le priorità del quarto governo Formigoni

Famiglia, welfare ed expo gli altri temi cardine. Penati: «Un intervento molto timoroso»
MILANO - Sono il lavoro, l’occupazione e il sostegno all’economia le priorità della quarta Giunta della Regione Lombardia guidata da Roberto Formigoni. E’ stato lo stesso presidente a indicare questi come gli ambiti di azione fondamentali per l’avvio della IX legislatura regionale nel discorso tenuto oggi in Consiglio per presentare il programma di governo. Tra gli altri punti principali citati da Formigoni ci sono anche la famiglia, il welfare, le riforme e l’Expo 2015. «La stella polare - ha sottolineato Formigoni secondo una nota del Pirellone - è e resta la crescita di condizioni di reale libertà per i nostri cittadini. Persone, famiglie, corpi sociali, lavoratori e imprese liberi fanno più forte, coesa e attenta ai diritti di ciascuno la nostra Lombardia». Per sottolineare la centralità della questione del lavoro, dell’occupazione e del sostegno all’economia, Formigoni ha ricordato come la nuova legislatura si sia aperta proprio con la convocazione degli «Stati generali dell’economia e del lavoro», presieduti dallo stesso Formigoni insieme al vice presidente Andrea Gibelli e con l’insediamento della task force «zero burocrazia», nata per rispondere a una «richiesta forte» di semplificazione delle procedure burocratiche che viene dai cittadini e dalle imprese. «Nella precedente legislatura - ha aggiunto il presidente - abbiamo già fatto molto, stanziando cifre molto rilevanti sia per gli ammortizzatori sociali, sia a sostegno delle imprese. Questi investimenti hanno trovato il favore delle imprese, le risorse sono state utilizzate e i risultati positivi non mancano ma sentiamo il dovere di compiere ulteriori sforzi perché la coda velenosa della crisi non mieta altre vittime». Formigoni si è anche detto favorevole alla proposta del Presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, che ha deciso di tagliare del 5% gli stipendi dei consiglieri regionali, ma ha posto dei paletti, spiegando come questi tagli non possano essere applicati in uguale misura a tutte le Regioni, chiedendo inoltre che sull'argomento intervenga il Governo.

AULA DIVISA - Il discorso programmatico è piaciuto alla maggioranza, che l'ha accolto con un applauso. Ha espresso perplessità, invece, l'opposizione che lo considera «scarno, deludente e insufficiente». L'Udc, invece, plaude per l'attenzione ai temi economici, ma incalza Formigoni sul tema dell'immigrazione, chiedendo di istituire un sottosegretario ad hoc. L'assemblea lombarda ha accolto le linee guida su come gestire la Regione nei prossimi cinque anni con una serie di sfumature. Da una parte la coalizione Pdl e Lega si allinea al discorso del governatore e ne condivide le priorità: «Compito di questi 5 anni - ha sottolineato Paolo Valentini, capogruppo del Pdl - sarà affrontare la crisi, il tema centrale del lavoro e dell'occupazione aumentando nel contempo l'eccellenza dei servizi lombardi». D'accordo anche Roberto Alboni, vice presidente Pdl, che ribadisce la compattezza dell'alleanza di centrodestra: «Il presidente Formigoni sa che può contare su una maggioranza solida, formata da Pdl e Lega, distinta ma non distante». Il Carroccio, dal canto suo, mette l'accento sul federalismo, da sempre suo cavallo di battaglia: «La legislatura che stiamo per cominciare dovrà essere all'insegna del federalismo», ha evidenziato il capogruppo Stefano Galli, che considera «necessaria» un'alleanza «tra le tre principali regioni dell'area padano-alpina nella battaglia federalista». In questo modo, infatti, Lombardia, Piemonte e Veneto potranno contare di più nel pressing sul Governo.
PENATI CRITICO - Critico, soprattutto sul tema del federalismo, il vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia e capo delle segreteria politica del Pd, Filippo Penati: «Quello di Formigoni mi è sembrato un intervento molto timoroso sul tema del federalismo». «La parola "federalismo" - ha sottolineato Penati - è stata citata per la prima volta da Formigoni allo scoccare del 17esimo minuto del suo intervento, come se aspettasse indicazioni da Roma. Altro che autonomia». «Inoltre - ha aggiunto Penati - Formigoni non ha citato per nulla la fase nuova che si è venuta a creare dalle elezioni ad oggi e che riguarda la crisi greca e l'imminente manovra finanziaria che il Governo dovrà varare anche su indicazione dell'Unione Europea. In sostanza - ha concluso Penati - mi è sembrato più che un intervento di apertura della nuova fase legislativa della Regione un intervento di chiusura della campagna elettorale».

martedì 18 maggio 2010

DISINSTALLATO "WINZIP"

Nei giorno scorsi abbiamo appreso con un laconico e freddo comunicato che l'ormai obsoleto "programma" di Zippaggio, non più consono agli standard aziendali, è stato disinstallato..
Con la speranza che il suo successore, sia più moderno e corretto aspettiamo di vederlo in azione.
In considerazione di tanti altri "programmi" non più in linea con gli standard aziendali ci aspettiamo future e molteplici "disinstallazioni".

Antitrust, indagine sulle rc auto

Aumenti delle polizze nonostante le riforme»
Per le polizze rc auto «dal 2009 al 2010 si sarebbero registrati aumenti medi del 15%, con punte sino al 22% per i ciclomotori e di oltre il 30% per l’assicurazione dei motocicli». Qualcosa non ha funzionato negli interventi sul settore degli ultimi 5 anni: i costi sono «aumentati nonostante le riforme», rileva l’Antitrust che ha quindi avviato una indagine conoscitiva per individuare «possibili aree di criticita» e «proporre azioni ed interventi idonei a rimuovere eventuali ostacoli».
Plaudono le associazioni di consumatori, confermando che non si è visto alcun effetto-freno. Dal 1994 al 2010 l’aumento è del 170%, calcolano Adusbef e Federconsumatori. Le compagnie replicano: il rincaro era «prevedibile», un «risultato inevitabile», colpa di provvedimenti legislativi «errati e controproducenti» (come la nuova disciplina della classe di merito d’ingresso e del bonus-malus) e del problema delle frodi, dice l’associazione delle società assicurative Ania, che ricorda anche «l’incremento del costo dei sinistri conseguente alla nuova tabella del Tribunale di Milano sul risarcimento delle invalidità superiori al 9%».
L’Authority presieduta da Antonio Catricalà vuole mettere a nudo meccanismi e resistenze di un mercato da 17 miliardi di raccolta nel 2009, con costi pari a 940 euro l’anno in media per ogni famiglia italiana. L’indagine, spiega l’Antitrust, «dovrà individuare le cause per le quali, nonostante i numerosi interventi legislativi e regolatori degli ultimi cinque anni finalizzati a rendere il comparto più competitivo, i prezzi continuino a registrare incrementi significativi e generalizzati». Sarà sotto esame, in particolare, la procedura del risarcimento diretto, perchè «dopo tre anni di applicazione del nuovo sistema, l’attesa riduzione dei costi, con effetti benefici sui consumatori, non si è verificata». «L’indagine è opportuna», dice il Garante dei Prezzi, Roberto Sambuco, che denuncia due anomalie dell’aumento dei prezzi: è stato «nettamente superiore» rispetto all’area Euro nel triennio 2007-2009, con un differenziale che «cresce vertiginosamente nei primi tre mesi del 2010»; ed è «sensibilmente superiore» rispetto all’inflazione.
Per l’Isvap, l’Authority di vigilanza sulle assicurazioni, anche «in aprile vi è stato un incremento pari in media all’1,1% che si somma agli aumenti registrati nel periodo ottobre 2009-gennaio 2010, pari in media al 10,6%».

lunedì 17 maggio 2010

Nel 2011 in pensione più tardi le "finestre" saranno dimezzate

Resta sullo sfondo la possibilità di chiudere le uscite previdenziali fissate per luglio

Obiettivo: recuperare ogni anno 1,6 miliardi. Brunetta: "Un sacrificio? Una piccola iattura"
ROMA - Dimezzamento delle "finestre" di uscita per la pensione di anzianità e per quella di vecchiaia nel 2011. E' questa la soluzione tecnica allo studio del governo per recuperare ogni anno 1,6 miliardi. L'intervento sulle date di accesso alla pensione una volta maturati i requisiti, le cosiddette "finestre", è stato confermato ieri dal ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta: "Il ritardo di qualche mese per chi aveva deciso di andare in pensione, è un sacrificio? Chiamiamola piccola iattura, ma non mi sembra una cosa insopportabile di fronte a tutto quello che sta succedendo in Europa e in giro per il mondo", ha dichiarato in una intervista.

Resta tuttavia aperta una ulteriore ipotesi, il cosiddetto "piano B", che consiste nel blocco della "finestra" di uscita per le pensioni di anzianità già dal prossimo luglio con un risparmio immediato di 800 milioni.
Il sistema attualmente in vigore prevede due "finestre" di uscita all'anno per il trattamento di anzianità: gennaio e luglio. Dal prossimo anno, una delle due finestre sarà chiusa: dunque molti di coloro che hanno maturato i requisiti nel 2010 dovranno attendere in media sei mesi in più, durante i quali tuttavia matureranno ulteriori contributi. Secondo l'attuale scalettatura dell'età pensionabile, quest'anno ha diritto alla pensione chi totalizza "quota 95", cioè la somma di età anagrafica e contributiva con un minimo di età di 59 anni.
Analogamente l'intervento per le pensioni di vecchiaia (65 anni di età per gli uomini) prevede di ridurre da quattro a due le finestre di uscita: dunque, invece di una ogni tre mesi, ce ne sarà una ogni sei. Di conseguenza i tempi di attesa si allungheranno con il riflesso di risparmi per i conti dello Stato. Le quattro finestre, che prima non esistevano, furono introdotte dalla riforma del precedente governo di centrosinistra proprio per rallentare le uscite: una norma prevedeva tuttavia la scadenza del provvedimento a fine 2011. Con l'occasione del rinnovo, il governo scenderebbe da 4 a 2 imprimendo una ulteriore stretta.
Confermato anche l'intervento sulle pensioni di invalidità civile. Si tratta di una misura strutturale: oggi le pensioni di invalidità sono 2,5 milioni, di queste due terzi prevedono l'indennità di accompagnamento e un terzo sono quelle ordinarie. Il boom delle indennità di accompagnamento, già oggetto di severi controlli, dipende dal fatto che possono essere erogate senza tenere conto del reddito. Per frenare questo fenomeno, e per avere i conseguenti risparmi, si introdurranno fasce di reddito.
Intanto la manovra dai 25 miliardi previsti sale a 27,6 miliardi. Nel menu spuntano la trasformazione dei Monopòli in "agenzia", poi misure per facilitare la riscossione e trova infine conferma una sorta di sanatoria edilizia (sarà introdotta alla Camera). Si tratta di regolarizzare, a favore dei Comuni, circa 2 milioni di immobili censiti dall'Agenzia del Territorio ma non a posto sul piano catastale. Resta sempre in agguato la riapertura del concordato preventivo.

Si presenta in ritardo al lavoro per portare il figlio all'asilo: licenziato

La Cub denuncia il caso di un dipendente di una ditta di distributori automatici: «La sanzione è ingiustificata»

MILANO - Appena uscito dalla cassa integrazione in deroga non ha potuto rispettare il nuovo turno imposto dall'azienda, le 7 invece che le 8.30: un turno che, afferma, gli impedisce di portare il figlio di quattro anni alla scuola materna. Per questo motivo Alex B., dipendente di una ditta di distributori automatici nel Milanese, è stato licenziato. Lo denuncia Angelo Pedrini della Cub, la Confederazione unitaria di base. Il sindacalista ha reso noto che insieme a Sdl, Rdb e Cobas ha chiesto l'intervento della Consigliera provinciale di parità per far applicare le politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro previste dalle leggi europee.
LA CASSA INTEGRAZIONE - La rescissione del rapporto di lavoro è avvenuta - spiega Pedrini - nell'azienda di distributori automatici «Bigarella» di Cassano d'Adda (Milano), dove alcuni dei 24 dipendenti, assunti con il contratto del commercio, sono stati messi nei mesi scorsi in cassa integrazione. Dopo aver completato il suo periodo Alex B., che deve accompagnare il bambino a scuola perché anche la moglie deve fare i turni, è stato richiamato in servizio ad inizio aprile. Il nuovo orario però gli «rende impossibile assolvere i suo doveri di padre riconosciuti costituzionalmente», e lui lo contesta. Per qualche giorno Alex riesce a far fronte al cambiamento di turno, ma tramite il sindacato comunica che potrà arrivare solo alle 8.30.
IL LICENZIAMENTO - Il 14 aprile accompagna il figlioletto alla materna, arriva in azienda con un'ora e mezza di ritardo e trova la lettera di licenziamento. «La priorità della gestione dei distributori automatici di caffè non può prevalere sui doveri di genitori previsti dalla Costituzione - afferma Pedrini - in ogni caso è la prima violazione, e la contestazione non poteva portare alla sanzione definitiva del licenziamento perché è nulla, ingiustificata e comunque sproporzionata. In questo caso a perdere il posto di lavoro è un papà, un uomo che non ha fatto altro che il suo dovere». Oltre alle iniziative legali - è stato spiegato - quelle di protesta continueranno fino al ritiro del licenziamento. (fonte: Ansa)

venerdì 14 maggio 2010

PREMIO AZIENDALE REDDITIVITA' (PAR)

In riferimento alla comunicazione odierna sul PAR ,vi alleghiamo tabella degli importi lordi , che troveremo nei cedolini di settembre.

LAUREA E DINTORNI

SOMMINISTRATI:QUALCOSA SI MUOVE

La politica di "ringiovanimento" del comparto liquidativo, porterà prevedibilmente entro la fine dell'anno, ad una serie di nuove assunzioni quindi, ottima opportunità per i nostri Colleghi Giovani!
Il lavoro svolto nella crescita e nella formazione del personale assunto in contratto di "somministrazione" ha fatto si che questi giovani, potranno finalmente giocare con la "maglia" del nostro gruppo, facendone parte a tutti gli effetti, importante anche l'intenzione di assunzioni sia in Reale Mutua, sia in Italiana per un riequilibrio delle risorse all'interno delle strutture. 
Prendiamo atto con un positivo ottimismo in attesa di concretizzare questa scelta Aziendale , augurando a tutti questi giovani  il più scaramantico "IN BOCCA AL LUPO" .

Ecco i paesi dove si lavora di più. L’Italia è ai primi posti

Nei paesi più sviluppati si lavora di meno rispetto a dieci anni fa, secondo un recente studio dell’Ocse. Precisamente 57 ore in meno: nel 1998 in media una persona ha lavorato per 1.821 ore l’anno, mentre nel 2008 per 1.764 ore. Che in una settimana di 40 ore lavorative, rappresenta un taglio di circa un’ora e mezza.

Le ragioni della riduzione, spiegano gli esperti, sarebbero da ricercare nella diffusione di politiche che hanno introdotto nell’organizzazione del lavoro una maggiore flessibilità, in modo da permettere ai lavoratori di dedicare più tempo alla famiglia e ai figli.
Si lavora di più, in termini di ore, in Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Corea del Sud e Portogallo; di meno in Germania e Francia. E l’Italia? Il nostro è il paese più stacanovista tra i sette più industrializzati con 1.802 ore l’anno per lavoratore (78 ore in meno rispetto a dieci anni fa), sopra di 38 ore rispetto alla media Ocse e di 372 ore rispetto a un lavoratore tedesco.
Un grafico Ocse (pubblicato da Jérome Cukier) sulle ore lavorate nel 2008 nei maggiori paesi industrializzati.

Sanità, le Regioni "in rosso" dovranno aumentare le tasse

Rischio stangata fino a 300 euro in Campania, Lazio, Molise e Calabria
No del governo all’utilizzo dei fondi Fas per le aree sottosviluppate per quattro regioni, Campania, Lazio, Molise e Calabria, che dunque potrebbero, per ovviare a questa mancanza di fondi essere costretti ad alzare le tasse.
La spiegazione del no governativo arriva dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio, che a margine di un incontro spiega: «Il governo ha ritenuto di non dare il via libera alla richiesta di utilizzo dei fondi Fas per ripianare il deficit di quattro regioni. La motivazione è che queste regioni non hanno dato garanzie ai tavoli di monitoraggio sia per quanto riguarda la certezza dei conti sia per quanto riguarda il fatto di avere avviato di processi di riqualificazione della rete assistenziale».
Non dando questo tipo di garanzie, specifica il ministro, «si è creata una situazione tale in cui non si può consentire di utilizzare i fondi Fas come un bancomat. In altre parole questi fondi devono essere utilizzati non certo per ripianare il deficit ma solo nel momento in cui le Regioni avranno dato concrete dimostrazioni di voler avviare processi di risanamento». Fazio ha infine ricordato che per tre regioni, Campania, Lazio e Calabria, «le responsabilità non sono evidentemente degli attuali governatori ma dei governi precedenti».
Per le quattro regioni si prospetta quindi una mini stangata di 30 euro per l’addizionale Irpef che pagheranno tutti i contribuenti. Alla quale va aggiunto un aggravio dell’Irap, l’imposta pagata da chi ha un’attività produttiva, che sarà ancora più pesante: per un lavoratore autonomo l’aumento viaggia sui 95 euro e per le società di persone sarebbe in media di circa 250 euro, per le grandi imprese potrebbe essere a tre zeri. Il "conto", se per un cittadino simplex si fermerebbe a 30 euro, potrebbe salire a 120 per un lavoratore autonomo, e a circa 300 euro per una piccola impresa. È questo il risultato dell’aumento «automatico» che potrebbe scattare nelle 4 regioni che, non riuscendo a riportare in equilibrio i propri conti sanitari, potrebbero ora dover adeguare le due loro maggiori imposte: Irap e addizionale Irpef.
IL PATTO PER LA SALUTE
L’ultima legge finanziaria contiene infatti il "Patto per la Salute". In caso di disavanzo sanitario scatta automaticamente un aggravio dell’addizionale regionale Irpef di 0,15 punti percentuali e dell’Irap di 0,30 punti percentuali. Per chi sfora sulla Sanità non vale più il blocco dell’addizionale Irpef e nemmeno il tetto all’Irap che è del 4,82% e che ora potrà quindi salire al 5,12%. Le regioni che potrebbero essere interessate all’aumento sono Calabria, Campania, Lazio e Molise.
ADDIZIONALE IRPEF
L’imposta viene pagata da tutti i contribuenti residenti nella regione e si somma alle normali aliquote applicate dal »fisco statale«. Poichè, in base alle ultime dichiarazioni dei redditi, gli italiani indicano una media di 18.677 euro di reddito, l’incremento di 0,15% percentuali significa un rincaro di poco inferiore ai 30 euro. Tutte e quattro le regioni interessate applicano un’aliquota che è ora dell’1,40% e che quindi salirebbe a 1,55%. Le altre regioni, invece, non potranno variare le loro aliquote, »congelate« dalle ultime finanziarie. In gran parte delle regioni si pagherà così lo 0,9% (Basilicata, Bolzano, Friuli, Sardegna, Toscana, Trento, Valle d’Aosta) mentre in altre rimarranno aliquote differenziate in base al reddito. Ad esempio in Lombardia lo 0,9% fino a 15.4993 euro, dell’1,30% tra questo importo e i 30.987 euro, 1,40 sopra questa soglia.
IRAP
L’Irap è l’imposta che si applica alle attività produttive che hanno sede in una specifica regione. Non si applica sul »reddito« ma sul »valore aggiunto«, non consentendo di scaricare alcuni costi, come quelli del lavoro o di eventuali indebitamenti. In pratica è pagata da tutte le imprese e dai lavoratori autonomi. Anche sull’Irap le regioni ora nel »mirino« sono quasi tutti al livello massimo previsto del 4,82%: cioè del 3,9% dell’aliquota ordinaria, ai quali si aggiungono 0,92 punti percentuali. Il »tetto« però non vale per chi sfora la sanità e quindi per Calabria, Campania, e Lazio si potrebbe arrivare a quota 5,12%. Il Molise, che è al 3,9% potrebbe salire al 4,2%. L’aggravio dipende molto dal livello del valore aggiunto: per le persone fisiche l’imponibile era di circa 31.600 euro e quindi l’aggravio di 0,30 punti percentuali potrebbe aggirarsi sui 95 euro, per poi salire ai 260 euro delle società di persone che in media hanno un valore aggiunto imponibile di 85.580 euro. Ovviamente per le società di grande taglia l’aumento potrebbe diventare una stangata: per le società di capitale, un imponibile medio di 727.000 euro si tradurrebbe in 2.100 euro di Irap in più.

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