a Peppino Impastato e Santo De Luca

martedì 8 luglio 2008


Parlano di noi

FINANZA&MERCATI

ILSOLE24ORE.COM
10 maggio 2008

Finanza e Mercati


Il Parlamento è cambiato, il nuovo esecutivo di centrodestra ha una larga maggioranza. Massimo Masi, da marzo nuovo segretario generale Uilca (credito assicurazioni), attende le prime mosse.
Cosa vi aspettate?
Intanto una nuova legge sul voto nelle Banche popolari che era già stata predisposta da Giorgio Benvenuto e affossata dal Polo nella passata legislatura. Abbiamo perso due anni in inutili contrapposizioni. Speriamo continui la politica di trasparenza nei confronti dei consumatori e concorrenza fra i soggetti finanziari iniziata dal precedente Governo. Credo, però, che aumenteranno i prelievi fiscali a carico delle banche e delle assicurazioni
Le liberalizzazioni erano rimaste a metà. Ci sarà un'inversione di tendenza?
Sono convinto che l'Antitrust chiederà al nuovo esecutivo, con priorità assoluta, di far luce su comparti che hanno partecipazioni intrecciate che minano il mercato e la concorrenza. Comparti già interessati da riforme regolamentari rilevanti: la legge sul risparmio, il nuovo diritto societario, Mifid e la nuova Opa europea. Non sono sicuro, però, che il nuovo Governo sarà in grado, senza incontrare ostacoli interni, di continuare in questa direzione.
In questi anni sono state realizzate aggregazioni bancarie di dimensioni medio-grandi, dopo gli annunci arrivano le razionalizzazioni. Il contesto internazionale rende più difficile il raggiungimento di ricavi. Si interverrà sui costi, quindi sul personale.
Concordo sulla politica del contenimento dei costi. Ma deve riguardare tutti: management compreso. La Uilca ritiene non più procrastinabile una moratoria delle stock options che potrebbe anche accompagnarsi a qualche gesto di autoriduzione della retribuzione sempre più spesso milionaria dei vertici aziendali. Penso non sia più dilazionabile quel ripensamento radicale e coraggioso dei piani incentivanti. Solo in presenza di concreti segnali saremo disponibili ad affrontare ulteriori confronti sul piano dei costi perché occorre un recupero di credibilità per avanzare richieste a chi ogni giorno contribuisce, con il suo lavoro, alla creazione del valore aggiunto che viene distribuito in modo così ineguale.
Il contratto è stato appena firmato, ci sarà spazio ulteriore per integrativi?
Stiamo entrando nella stagione dei rinnovi contrattuali di secondo livello per ridistribuire la produttività là dove viene realizzata. Nei nostri settori la contrattazione integrativa riguarda oltre il 95% delle aziende. Spazi contrattuali ed economici ce ne sono. Il contratto coniuga aumenti economici nazionali rilevanti con razionalizzazioni normative che consentono un allargamento delle materie da contrattare a livello aziendale. Non parliamo, poi, degli accordi di Gruppo. Basta pensare che nel solo Gruppo Intesa Sanpaolo sono stati sottoscritti 140 accordi sindacali in un solo anno. E gli altri gruppi non sono da meno.
Bankitalia e Antitrust si sono mosse per favorire servizi migliori e a minor costo, il sindacato lamenta pressioni commerciali su prodotti nocivi per la clientela, le imprese di credito sono più attente alle ricadute sui risparmiatori. Sembra un ciclo virtuoso.
Il problema di fondo è uno solo: il conflitto di interessi tra chi incita alle vendita con pressioni fortissime sui lavoratori e la qualità del prodotto finanziario venduto. Lamentiamo pochissima formazione data ai lavoratori sulla Mifid. Consegnare malloppi di carta agli addetti alle vendite non è formazione. E su queste terreno sfidiamo banche ed Abi a un confronto serio.
Ania e Abi avviano la loro Federazione, con che ricadute su clienti e relazioni industriali?
Abbiamo valutato negativamente l'operazione, soprattutto sotto l'aspetto reputazionale. Due soggetti che sono nel punto più basso del gradimento dei cittadini si "mettono assieme" con obiettivi non chiari. Su qualche giornale un alto esponente della finanza ha ipotizza una sorta di lobby delle lobbies. Chiediamo trasparenza nei confronti dei clienti su mutui, polizze, portabilità dei prodotti. Anche sul versante delle liberalizzazioni e della trasparenza incalzeremo il nuovo Governo. Le dichiarazioni del direttore generale dell'Abi, Giuseppe Zadra e del Presidente dell'Ania, Fabio Cerchiai sulla ridiscussione dei decreti Bersani sono preoccupanti perché tendono a rimettere in discussione punti qualificanti. Per il momento restano indecifrabili i riflessi sulle relazioni sindacali.
paolo.zucca@ilsole24ore.com
Vediamo cosa dicono gli "altri"

ECONOMIA&LAVORO
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ARCHIVIO
Il nodo del secondo livello
di Carlo Dell'Aringa

I sindacati hanno colto l'occasione del Primo maggio per annunciare la loro intenzione di rivedere l'Accordo sul costo del lavoro del 1993 e promuovere, con le associazioni imprenditoriali, una revisione dell'attuale sistema di contrattazione collettiva, in vigore da ben 18 anni. Era quanto aveva auspicato qualche giorno fa il nuovo Presidente di Confindustria: Emma Marcegaglia ha posto la cosiddetta "riforma del contratto" in cima al programma del suo mandato.Dopo quattro anni di tentativi falliti e di continui rinvii voluti dal sindacato, è il caso di chiedersi: sarà la volta buona? Sembra di sì, anche se l'apertura del negoziato non dà alcuna garanzia di una sua utile conclusione. Sul tavolo si troveranno questioni importanti e difficili da risolvere. Il documento preparato dai sindacati settimane fa, che aspettava l'assenso della Cgil per essere presentato alle associazioni dei datori di lavoro, non rappresentava certo un gran passo in avanti verso una riforma incisiva del sistema di contrattazione collettiva.Esso accenna in modo generico al potenziamento della contrattazione di secondo livello. Il che va senz'altro bene e anche le associazioni imprenditoriali vogliono aumentare il peso del salario fissato a livello aziendale. Ma su come questo possa concretamente realizzarsi, il documento è carente. I sindacati e in particolare la Cgil vogliono mantenere inalterato il ruolo del contratto nazionale di categoria. Caso mai esiste una certa apertura a eventuali accorpamenti delle centinaia di contratti nazionali esistenti e anche a un eventuale allungamento del periodo di validità, da due a tre anni. Ma il contratto nazionale deve continuare ad avere la stessa importanza di oggi. Questo è un vincolo che, per i sindacati, deve essere rispettato da qualsiasi "riforma del contratto".Ma sorge subito un dubbio e cioè: è possibile riformare in modo incisivo la contrattazione collettiva e rafforzare il livello aziendale, lasciando il contratto nazionale così com'è? Questo è il punto cruciale e la risposta dipende solo dai risultati che si vogliono raggiungere.Da un lato si vogliono relazioni sindacali più moderne, partecipative, responsabili e in grado di "internalizzare" e di fare propri i grandi problemi del Paese, soprattutto quello di alzare il potenziale di crescita dell'economia. Dall'altro c'è l'evidente necessità, da molti riconosciuta (a partire dalle organizzazioni internazionali), di instaurare un sistema di determinazione delle retribuzioni che riesca sia a far funzionare il salario come incentivo alla produttività in azienda, sia ad assegnare ai differenziali salariali il ruolo fondamentale che essi svolgono nel mercato del lavoro, cioè facilitare l'incontro tra domanda e offerta (per assorbire disoccupazione e lavoro nero). Entrambi questi obiettivi, per essere raggiunti, richiedono un graduale ma deciso processo di decentramento del processo di determinazione delle retribuzioni. In questo modo si sono mossi molti Paesi. I nostri problemi sono persino più gravi, come testimoniano gli enormi divari territoriali dei tassi di disoccupazione e la stasi della produttività del lavoro che persiste ormai da almeno sette anni.Cambiare in modo incisivo il sistema di contrattazione collettiva significa affidare al contratto nazionale un ruolo diverso, altrettanto importante rispetto a quello di oggi ma diverso. E deve essere un ruolo (esclusivo, o quasi) di garanzia, di rete protettiva nei confronti dei salari minimi, sotto il quale non è socialmente opportuno scendere. Per tutti gli altri lavoratori che possono invece contare o sulla loro elevata professionalità, oppure su una efficace rappresentanza sindacale all'interno delle loro aziende, è opportuno che sia appunto l'azienda il luogo deputato a determinare gli aumenti delle retribuzioni, all'insegna di uno stretto legame tra salario e produttività e tra salario ed efficiente funzionamento del mercato del lavoro.

lunedì 7 luglio 2008

Bitonto, primo morto sul lavoro della settimana. Un operaio cade dal ponteggio
Ricomincia la settimana e puntuali ricominciano gli incidenti sul lavoro.
Un operaio edile è morto per un incidente sul lavoro in un cantiere a Bitritto, piccolo comune a pochi chilometri da Bari.
L'operaio, Raffaele Masiello, di 47 anni, di Bitonto (Bari), sposato e con due figli, stava lavorando per conto di una ditta edile di Modugno presso la quale era regolarmente assunto.
L'incidente è avvenuto verso le 8 in via della Resistenza, dove sono in corso lavori di ristrutturazione di una abitazione.
L'uomo, secondo gli accertamenti svolti dai carabinieri, era su una impalcatura mobile issata a sei metri d'altezza quando è caduto al suolo picchiando la testa. È morto sul colpo.
I carabinieri hanno avviato le indagini per accertare se erano state rispettate le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
È invece in condizioni gravissime un operaio italiano di 47 anni precipitato da oltre 7 metri all'interno dello stabilimento Latte Sano in via della Muratella a Roma. Da quanto si è appreso dal 118 l'operaio è stato soccorso in elicottero e trasportato all'ospedale San Filippo Neri. È giunto in codice rosso e da indiscrezioni presenterebbe un trauma cranico e uno al torace. Le sue condizioni sono gravissime e per consentirgli di respirare i medici hanno dovuto intubarlo.

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