a Peppino Impastato e Santo De Luca

giovedì 28 ottobre 2010

Il risparmio è in crisi: 1 famiglia su 3 riesce ad accantonare, 1 su 4 fa debiti per vivere

Un'indagine scatta la fotografia dei «salvadanai» in Italia. Operai e insegnanti i più «poveri»
MILANO - Gli italiani sono più preoccupati per il futuro e questo si riflette sul risparmio: quest'anno poco più di una famiglia su tre è riuscita a mettere da parte qualcosa e ben una su quattro è dovuta ricorrere a debiti o all'utilizzo di risparmio pregresso. Sono sempre meno le famiglie che riescono a migliorare il proprio tenore di vita (solo una su 17) e aumenta il numero di quelle che galleggiano cioè hanno speso tutto senza fare ricorso a risparmi o debiti e pensano di fare lo stesso l'anno prossimo o hanno fatto ricorso a risparmi e debiti e intendono mettere da parte di più nei prossimi 12 mesi. Tra le categorie, operai e insegnanti sono quelli in più grave crisi di risparmio. È la fotografia scattata dall'indagine Acri-Ipsos realizzata in occasione della 86esima Giornata Mondiale del Risparmio. Le famiglie sono consapevoli che l'uscita dalla crisi sarà graduale e con tempi più lunghi rispetto a quanto previsto nel 2009.
USCIRE DALLA CRISI - L'83% del campione (era il 78% un anno fa) percepisce la crisi come grave e il 69% si aspetta che non se ne potrà uscire prima di 4 anni (erano il 57% un anno fa), con il 31% che ipotizza addirittura una soglia di 5 anni o più. Nonostante ciò, quanti si dicono soddisfatti della propria situazione economica salgono dal 54% al 56% (nel 2007 e nel 2008 erano il 51%): in particolare crescono nel Nord Est (+9% dal 2009) e nel Nord Ovest (+5%). Il 23% delle famiglie è stato colpito dalla crisi ed è particolarmente pessimista sulla propria situazione economica.
TENORE DI VITA - Sono sempre meno le famiglie che riescono a migliorare il proprio tenore di vita: il 6% (l'8% nel 2009). Costante invece il numero di quelle che ritengono peggiorato il proprio tenore di vita: il 18% (era il 19%). Costante anche il numero di coloro che riescono a mantenere il proprio tenore di vita abbastanza facilmente: il 29% (era il 30%). Crescono coloro che sono riusciti a mantenere lo standard di vita solo con fatica: il 47% (erano il 43%).
CHI RIESCE A METTERE DA PARTE - Le famiglie che sono riuscite a risparmiare sono poco più di un terzo (il 36%, erano il 37% nel 2009). E sono soprattutto al Nord (Nord Est 45%, Nord Ovest 41%). In affanno i risparmiatori del Sud (il 30%) e soprattutto quelli del Centro, dove le famiglie che riescono a risparmiare sono scese al 32% dal 39% del 2009. A parte un 1% di famiglie che non si pronuncia, il restante 26% per tirare avanti ha dovuto ricorrere a prestiti, bancari e non (7%) e ha dovuto utilizzare risparmi passati (19%), soprattutto al Sud. Quelli che non riescono a risparmiare, ma nemmeno devono mettere mano alle riserve o ricorrere a prestiti, sono circa il 37%. Un quarto delle famiglie riesce ad accumulare senza difficoltà ma aumentano quelle che galleggiano (passano dal 20 al 23%) a scapito delle famiglie con risparmio in risalita (il 5%) o in discesa (il 10%).

mercoledì 27 ottobre 2010

Sui social network il 70% dei manager . Ma soltanto un'azienda su tre

Linkedin in testa con il 76%, poi Facebook. Su Twitter solo il 21%
MILANO - I social network hanno conquistato i manager delle società italiane: sette su dieci frequentano abitualmente i nuovi strumenti di comunicazione online (Linkedin e Facebook soprattutto), mentre le aziende da loro guidate restano ancora ai margini. E solo una su tre utilizza i social network per le proprie attività. È quanto emerge da un’indagine condotta da Hsm, azienda leader nell’executive education, su un campione di 680 manager selezionati tra i quasi 2.000 partecipanti alla settima edizione del World Business Forum, evento rivolto alla business community del nostro Paese (27 e 28 ottobre a Milano).

INFORMAZIONE E BUSINESS - Secondo le risposte date nel corso dell'indagine, i social network vengono utilizzati dai manager per creare relazioni di business (39%) e per tenersi informati su competitor, clienti, partner e altri manager (18%), mentre le aziende prediligono Facebook (71%) con l’obiettivo principale di informare i consumatori. Il social network preferito dai manager è Linkedin (76%), seguito però a poca distanza da Facebook (70%). Twitter si ferma al 21% delle preferenze e Youtube al 18%.
POCHE AZIENDE - Le aziende invece sembrano non avere ancora adottato l’abitudine di utilizzare i social network come strumenti di comunicazione e di relazione. Solo un terzo degli intervistati (33%) conferma la presenza della propria azienda sui social network, e di questi il 71% indica Facebook come canale preferito. Sorprende al secondo posto tra i social network più utilizzati dalle aziende Twitter (64%), seguito da Youtube e Linkedin (entrambi al 50%). Obiettivo delle aziende sui social network è quello di informare i consumatori (28%), mentre solo l’11% si pone come obiettivo quello di ascoltare i consumatori. D’altra parte il 47% delle aziende presenti sui social network lo è a partire solo dal 2009. Nelle aziende, inoltre, sembrano mancare figure preposte a gestire i social network. Il 48% degli intervistati ammette che nella sua azienda non ci sono competenze specifiche e il 37% indica il dipartimento comunicazione come area che si occupa dei social network.

martedì 26 ottobre 2010

RASSEGNA GABER

IL FUTURO
Come… come conclusione mi sarebbe molto piaciuto un bel discorso sul futuro. Solo che io sul futuro c'ho ben poco da dire. So solo che un tempo, non so se vi ricordate, si cercava di creare delle prefigurazioni di cose, di… di immagini a cui tendere, sì, quasi dei punti d’arrivo, eh? Erano come delle bellissime fotografie di una società che noi avremmo dovuto… Sì, poi queste immagini invecchiavano, si irrancidivano ma noi continuavamo ad essere affezionati a queste meravigliose fotografie ingiallite nella speranza magari che con una rispolveratina…

No, ora finalmente io non ho futuro. Ora io preferisco pensare che ciò che mi spinge fuori sia solo una conseguenza o meglio una forza che è alle mie spalle. Davanti c’è soltanto uno spazio vuoto. L’importante è guardarlo attentamente questo spazio vuoto, come se da un momento all’altro le cose potessero uscire dal silenzio e rivelarsi.

lunedì 25 ottobre 2010

ATTENZIONE AI PODISTI MA SOPRATTUTTO ALLE PROPRIE MOGLI , FIDANZATE E AFFINI...

Ogni tanto c'è una retata della polizia, ma poi tutto torna come prima.
Allenamento più sesso a pagamento alla montagnetta di San Siro
Le lucciole romene: di quelli che vengono al parco per fare jogging, otto su dieci sono nostri clienti.
MILANO - Si chiama jogging-love. I protagonisti? Giovani con la fissa del «sempre in forma» e uomini di mezza età che desiderano asciugare la pancetta. Alla montagnetta di San Siro è un rincorrersi all’interno del polmone verde. Uno, due, tre giri, sgambettando. Poi, quando i battiti cardiaci saltano in gola, qualcuno sparisce. Si infratta. Ma non da solo: ad attenderlo ci sono Marinela, Adalia, Catalina, Georgia. Insomma, per le «lucciole» della zona, tutte romene e giovanissime, questo jogging-love è un vero business. E chi lo pratica, magari dice a casa che la corsetta fa bene al fisico e alla mente. Tra le più gettonate Marinela, 22 anni, di Urseni, non lontano da Timisoara. «Corrono e poi si fermano da me, anche quelli con il pancione». Si concorda sul prezzo e quindi ci si addentra di una decina di metri, dietro a un cespuglio non lontano dalla strada principale. «Noi romene siamo economiche. Con 30 euro fai tutto e nessuno va via scontento. Anzi, ritorna in famiglia a passo veloce».
Marinela ha due grandi occhi azzurri e un lauto decolleté. E’ appena tornata al suo posto di lavoro, dopo una notte trascorsa in questura, insieme con altre 15 connazionali. «Una retata della polizia. Ci tengono dentro e con la scusa di controllare i documenti, ci fanno perdere il guadagno. Ma poi devono lasciarci andare perché siamo comunitarie». E’ ritornata al suo posto, vicino alla barra di ferro e al grande olmo potato dal Comune per evitare che muoia. Non lontano dai bagni pubblici. «Alcuni - continua la giovane - preferiscono fare l’amore nei servizi, dicono che si sentono più sicuri. A me non cambia molto, sono sempre 30 euro». Poi racconta di sé e di quando, 4 anni fa, è venuta in Italia «per fare soldi». «Nessuno mi ha obbligato, è stata una mia libera scelta. Anche le mie amiche hanno fatto la stessa cosa. Del resto se ci fosse un balordo che intende sfruttarci, basta chiedere a un cliente di portarci al primo commissariato e denunciare». E aggiunge quasi con un pizzico di orgoglio: «Qui nessuno ti fa niente. Se prendi una multa, non la paghi, perché è difficile farcela recapitare. E nessuno va in galera se fa la prostituta».
Ma la tua famiglia sa? «No, certo che non sa. Ho aspettato di compiere 18 anni e poi ho detto: mamma vado in Italia a rubare. Tutti i romeni rubano. E mia madre mi ha dato la sua benedizione». Walter, 26 anni, felpa e calzoncini, interrompe la discussione. «Viene con me ogni volta che fa jogging, almeno un paio di volte alla settimana. A lui piace, dice che è come fare il defaticamento, lo rilassa». Ma come Walter ce ne sono tanti. Otto su dieci sono maratoneti del sesso. «Corrono e f…, come dicono loro». Dieci clienti al giorno per 30 euro. «Qualcuno di quelli normali ci chiede anche di andare in albergo. Nessun problema: a 10 minuti da qui, con l’auto, andiamo in un alberguccio di via Washington che costa solo 20 euro per un passaggio. Io, però, in hotel prendo 40 euro». E fa i conti ad alta voce: «Io guadagno 300, 400 euro al giorno. Diciamo che al mese metto in tasca 6, 7 mila euro. Mille vanno per la spesa e altre cosucce, 300 per l’affitto della casa che divido con altre tre colleghe romene, il resto lo mando ai miei per farli star bene e per pagare i muratori che mi stanno costruendo una nuova casa. Sarà pronta tra sei mesi: bella, grande, spaziosa, con un immenso giardino. Mia mamma è orgogliosa di sua figlia. Ladra, ma non puttana...».
Corriere della Sera
Michele Focarete
07 ottobre 2010

giovedì 21 ottobre 2010

NUOVE PROPOSTE DA STRASBURGO

Giovedì 21 Ottobre 2010
Il congedo di maternità deve essere di 20 settimane, pagate al 100%, delle quali sei obbligatorie dopo il parto. I padri devono avere diritto a stare accanto alle loro compagne ed ai loro figli per almeno due settimane, anch’esse pagate al 100% del salario. È la proposta di direttiva varata in prima lettura a Strasburgo.

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lunedì 18 ottobre 2010

"Non siete abbastanza Apple" Licenziati dal negozio dei sogni

Polemica allo «store» delle Gru: «L’accusa: non aver sposato il pensiero aziendale»
TORINO
«Sono stato assunto dalla Apple il 2 settembre per occuparmi della vendita al pubblico e dell’assistenza nel nuovo store a Le Gru. Il 12 ottobre, prima che finisse il periodo di prova, mi hanno licenziato senza motivazione scritta». È disperato, lo “specialista” Marco Savi, 42 anni. «Ho lasciato un’attività in proprio perché per me, che sono nel settore da vent’anni, Apple era il punto di arrivo della carriera. Invece è stata una grandissima delusione. Ci hanno fatto fare un corso incentrato non sulla parte tecnica, ma sulla filosofia dell’azienda. Nello store eravamo tutti un po’ allo sbaraglio, senza nozioni sulle procedure di cassa e dei finanziamenti». Eppure l’entusiasmo era a mille.
«Il primo giorno ho lavorato più di 12 ore, e a settembre ho fatto 48 ore di straordinari. Poi sono cominciati i problemi: un giorno ho perso la voce e stavo male, ma i manager non mi hanno lasciato andare a casa, spostandomi in magazzino. Un collega è stato ripreso perché ha fatto una pausa di cinque minuti per prendere una pastiglia per il mal di testa. Lo scorso martedì, appena arrivato al lavoro - continua Savi - uno dei manager mi ha comunicato che non avevo superato il periodo di prova. Ci sono rimasto di sasso. Quando ho chiesto le motivazioni, prima mi è stato detto che non ero stato abbastanza “caloroso” nel salutare i clienti, e poi da un suo collega che non avevo sposato in pieno il “pensiero Apple”».
A ogni dipendente è stato consegnato un libretto tascabile, il «Credo» dell’azienda, che inizia così: «Per noi di Apple le persone sono la risorsa più importante, la nostra anima». «Niente di più falso: durante i corsi di formazione ho espresso il mio parere su certe strategie di vendita, e i manager se la sono legata al dito. In Apple chi pensa con la sua testa è fuori dal sistema».
I cinque manager dell’Apple di Grugliasco, dice Savi, non hanno un capo. «Come fa, chi proviene da settori che con la tecnologia non hanno nulla a che fare, e per di più in prova come noi, a giudicare l’operato di persone che in genere sono esperti in informatica? È qui che sta la criticità. Ora tutti i colleghi vivono con la paura di essere licenziati da un momento all’altro».
Ma quello di Savi non è un caso isolato. Negli ultimi giorni sono stati mandati via altri 3 dipendenti, tra cui il 22enne Alessandro Montagner. «Il 13 ottobre mi è stata consegnata la famosa lettera che ho dovuto sottoscrivere per presa visione - dice - Ovviamente non c’era la motivazione. Quattro giorni prima avevo comunicato ad uno dei manager che presto avrei iniziato, fuori dall’orario di lavoro, un corso di design di cui avevo già parlato all’atto dell’assunzione.
Apparentemente la cosa non dava problemi: invece sono sicuro che sia stata questa la causa del mio allontanamento, visto che non sono mai stato richiamato. “Da che parte vuoi uscire?”, mi hanno chiesto dopo il licenziamento. Ho scelto la porta principale: “Me ne vado a testa alta”, ho risposto, perché ho sempre fatto il mio dovere». Dalla Apple, al momento, nessuna risposta ufficiale.

giovedì 14 ottobre 2010

UBI ASSICURAZIONI

Federalismo, stangata possibile con la nuova addizionale Irpef

Le Regioni potranno alzarla di 226 euro a testa. Le simulazioni da qui al 2015 in uno studio della Uil. Aumenti fino a 900 euro pro capite.
ROMA - Il federalismo fiscale rischia di risolversi in un aumento delle tasse regionali. Secondo un dettagliato studio della Uil, che ha analizzato i risvolti del recente maxidecreto varato dal governo, alle Regioni viene data la possibilità di aumentare le addizionali Irpef a regime, cioè nel 2015, in media di 226 per ciascun contribuente. Ovvero un rialzo dell'82,8%. L'ultimo decreto sul federalismo dà allo stesso tempo margini di aumento o di diminuzione, ma è ovvio che con la fame di fondi e i tagli imposti dal governo, sarà la prima opzione quella più probabile.

La vera sorpresa del nuovo meccanismo che si va profilando è che si creerà un fisco regionale a due fasce. Da una parte ci saranno i lavoratori dipendenti e pensionati che guadagnano fino a 28 mila euro lordi all'anno: questa categoria sarà parzialmente protetta dai possibili aumenti e le Regioni dovranno contenerli entro lo 0,5 per cento. Tutti gli altri, invece - sia lavoratori dipendenti sia autonomi - potranno subire - se le Regioni lo riterranno - aumenti fino al 2,1 per cento (che insieme allo 0,9 per cento base, fa il 3 per cento) nell'anno 2015.
Secondo la simulazione della Uil infatti il rincaro per la fascia che sta, ad esempio, tra i 15 mila e i 28 mila euro lordi potrà essere di soli 41 euro per i lavoratori dipendenti, di 39 per i pensionati ma addirittura di 267 per gli autonomi che, sebbene a redditi bassi, non vengono tutelati dalla clausola di salvaguardia che riguarda solo i lavori dipendenti e i pensionati. Quando si va oltre i 28 mila euro le Regioni potranno usare la mano pesante, senza distinzione di sorta tra lavoratori dipendenti e autonomi. Infatti potranno elevare le addizionali molto di più, e non solo in conseguenza degli extra deficit sanitari per i quali sarà mantenuta una procedura a se stante. Per questi contribuenti del ceto medio il rincaro possibile sarà di 862 euro anni: una somma che si ricava facendo la differenza tra l'attuale aliquota media dell'addizionale Irpef pari all'1,2 per cento e quella possibile del 3 per cento, una volta giunto al traguardo il federalismo fiscale regionale nell'anno 2015.
Su quale platea andranno ad incidere gli aumenti che il decreto sul federalismo pone nella gamma delle opzioni delle Regioni? La platea è amplissima, spiega Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil,. Nel nostro paese i contribuenti soggetti al versamento dell'addizionale Irpef sono oltre 30,9 milioni . Ma c'è un nucleo del 22,4 per cento che dichiara redditi sopra i 28 mila euro. C'è anche da considerare che visto l'andamento dell'evasione fiscale in Italia di questa "classe medio alta" il 95,3 per cento è rappresentato dai lavoratori dipendenti e solo il 7,9 per cento è costituito da lavoratori autonomi.
Dubbi e rilievi giungono anche dal Pd. Secondo l'europarlamentare Gianni Pittella, il federalismo del governo e della Lega getta la maschera. In alcune regioni come Lazio, Molise, Campania e Calabria le addizionali Irpef potrebbero salire enormemente. "In pratica - aggiunge Pittella - è una tassa sulla miseria perché si rifiuta di considerare, oltre ai costi standard, anche le prestazioni standard, che nel Mezzogiorno sono drammaticamente sotto la media nazionale ed europea".

Impiegato Fiat «solidale» con i colleghi di Pomigliano: giudice ordina reintegro

Era stato licenziato per aver inoltrato una mail delle tute blu polacche sulla questione dello stabilimento campano

Impiegato Fiat «solidale» con i colleghi di Pomigliano: giudice ordina reintegro.
Era stato licenziato per aver inoltrato una mail delle tute blu polacche sulla questione dello stabilimento campano.
TORINO - Deve essere reintegrato al lavoro a Mirafiori Pino Capozzi, l'impiegato di alto livello licenziato a luglio dalla Fiat. Lo ha deciso il giudice del lavoro di Torino, accogliendo il ricorso della Fiom contro l'azienda per comportamento antisindacale. Lo annuncia la stessa Fiom in una nota, precisando che il dispositivo della sentenza stabilita dal magistrato Patrizia Visagi sarà pubblicato giovedì.
IL CASO - Capozzi era stato licenziato per aver inviato ai colleghi torinesi tramite la casella di posta elettronica aziendale un messaggio di solidarietà delle tute blu polacche dello stabilimento di Tichy ai colleghi di Pomigliano, alla vigilia del referendum nello stabilimento campano. La Fiom e il dipendente torinese avevano presentato ricorso, accusando l’azienda di comportamento antisindacale.
LA FIOM - «Capozzi, delegato della Fiom di Mirafiori - dice il segretario nazionale Giorgio Airaudo - era stato licenziato a luglio per aver utilizzato la posta elettronica aziendale per diffondere un volantino sindacale. Siamo soddisfatti, sapevamo di avere ragione, ma è importante che l’abbia riconosciuto anche un tribunale della Repubblica. La Fiat sta sbagliando a perseguire lo scontro, è stata chiaramente svolta un’azione intimidatoria nei confronti dei lavoratori che, come Capozzi, hanno avuto la sola responsabilità di rappresentare, con la Fiom, i propri compagni di lavoro».
Corriere della Sera

giovedì 7 ottobre 2010

martedì 5 ottobre 2010

SILENZIO......quello che si vede e si sente è più che sufficente!

Come diceva il buon Leonardo Da Vinci "non fare come chi ,guarda senza vedere, sente senza ascoltare e parla senza pensare".

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