a Peppino Impastato e Santo De Luca

giovedì 29 maggio 2008

ALLARME SALARI


venerdì 23 maggio 2008

PER NON DIMENTICARE

Giovanni Falcone (18/05/1939 - 23/05/1992)
Paolo Borsellino (19/01/1940 - 19/07/1992)

Le associazioni dei consumatori bocciano l'accordo tra governo e Abi sui mutui

L'Aduc: «Il forte sospetto è che questa operazione sia un ulteriore tentativo di bloccare le surroghe».
MILANO - Ma il provvedimento sui mutui del governo conviene davvero? C'è chi dice di no e con le sue ragioni.
Il presidente dell'Abi Corrado Faissola (Imagoeconomica)Mercoledì il governo «ha sbandierato un accordo con l'associazione delle banche prevedendo un risparmio pari a circa 850 euro all'anno per 1.250.000 famiglie circa. Peccato che la notizia sia falsa» afferma l'Aduc (L'Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori) in una nota.
RATE E TASSI - «Nel comunicato dell'Abi - spiega l'associazione - si legge che l'accordo non prevede alcun risparmio, ma solo una dilazione nel pagamento: si concede un ulteriore finanziamento (a tassi abbastanza agevolati: l'Irs decennale più lo 0,5%). Le famiglie, quindi, non risparmieranno alcunchè, ma pagheranno ulteriori interessi. Il forte sospetto è che questa operazione sia un ulteriore tentativo di bloccare le surroghe che sono, invece, un vero risparmio per i mutuatari (e quindi un costo per le banche). In questi anni gli spread di mercato applicati ai tassi (fissi o variabili) dei mutui sono molto diminuiti. Sostituire un mutuo oggi implica, quasi sempre, avere uno spread più basso. Con la negoziazione-beffa proposta dal Governo e dalla banca si applicherebbe lo stesso spread. Questa operazione consentirebbe alle banche di non perdere i vecchi mutui (tanto remunerativi per loro e tanto costosi per i clienti). Crediamo sia sintomatico che il Governo non abbia deciso di dare attuazione (manca ancora lo specifico decreto) a quanto già previsto in materia nella Finanziaria 2008, cioè la sospensione di alcune rate da pagare quando si è in difficoltà. Ci rendiamo conto che faccia più effetto populistico e mediatico un nuovo decreto che attuare una legge prevista dal precedente Governo di una maggioranza politica diversa, ma se al centro della propria politica ci fossero gli interessi dei mutuatari questi problemi dovrebbero essere affrontati in modo diverso.
A CHI CONVIENE - La falsa notizia del risparmio di 850 euro è figlia di questa logica e sintomatica di una partenza quantomeno sgradevole del nuovo governo. La rinegoziazione proposta dal governo e dall'Abi, può essere utile a chi è in difficoltà a pagare le rate aumentate (e non troverebbe alcuna soluzione migliore nel mercato), per cui è meglio bloccare la rata ai tassi del 2006, anche se questo implica un aumento degli interessi da pagare. Chi è in grado di pagare il vecchio mutuo a tasso variabile (o può accedere ad una surroga con tassi migliorati) è bene che non faccia questa rinegoziazione perchè non risparmia niente, anzi aumenta gli interessi da dare alla banca». Insomma, conclude l'Aduc, «ci dispiace dirlo, ma sul fronte della tutela degli utenti bancari, il governo è partito male».
ADUSBEF - Per l'Adusbef invece l'accordo raggiunto mercoledì «è un'inversione di tendenza rispetto al precedente Governo, che aveva sbandierato lenzuolate di liberalizzazioni fasulle, dalla simmetria dei tassi, alla eliminazione della Commissione di massimo scoperto (che ancora grava sui prestiti in misura del 4,37% l'anno in aggiunta al tasso, nonostante la Cassazione l'avesse annullata), a surroga e portabilità dei mutui, restate lettera morta per l'omessa vigilanza di Bankitalia e la stessa tolleranza di ministri e vice-ministri economici del Governo Prodi, «troppo amici delle banche». Tuttavia Adusbef «non dà alcun credito a banche ed Abi che propagandano risparmi di 850 euro l'anno, vergognose frottole per i creduloni, perchè tali «teorici sconti» saranno messi in coda alle rate, maggiorate di salati interessi (i prestiti nostrani sono già gravati da tassi più elevati di uno 0,70% secco rispetto alla media europea, essendo attestati in Italia al 5,79%, nell'Ue al 5,09%). I risparmi teorici di 850 euro l'anno, fumo negli occhi per gli allocchi, sono del tutto campati in aria, per effetto dell'allungamento della durata del debito, gravato da interessi variabili legati all'IRS e fino alla copertura del debito residuo, ossia capitali ed interessi, che porteranno a 23-24 anni un prestito originario di venti anni».
ADICONSUM - «I mutuatari devono essere consapevoli che ciò che non viene pagato nella rata dovrà essere pagato a fine mutuo caricato degli interessi» afferma in una nota Paolo Landi, dell'Adiconsum, commentando l'accordo raggiunto ieri tra banche e governo. «Perchè - chiede Landi - il governo non utilizza anche i 20 milioni di euro previsti in Finanziaria per i mutuatari in difficoltà? Adiconsum chiede di partecipare al tavolo Governo-Abi per esaminare nel dettaglio le condizioni dell'accordo. Da come è stato spiegato l'accordo, sembrerebbe che oltre un milione di famiglie avrà una riduzione del costo del proprio mutuo a tasso variabile. Non è così. Viene sì ridotta la rata del mutuo, ma la durata del mutuo si allunga e ciò che non si è pagato oggi, sarà pagato in futuro caricato dei relativi interessi. L'aspetto positivo di questo accordo sta nel fatto che la banca è obbligata a rinegoziare mentre fino ad oggi, come è accaduto frequentemente, poteva non offrire la propria disponibilità. In questo senso, l'accordo facilita il rapporto banca-mutuatario e fissa le condizioni dell'accantonamento. L'anno preso a riferimento è il 2006, in cui però si erano già registrati gli aumenti più rilevanti. L'abbassamento della rata del mutuo a tasso variabile di circa 100 euro viene addebitata su un conto finanziamento. Su queste somme maturano interessi ad un tasso fisso (oggi del 5,13%) che si cumulano nel corso degli anni fino alla scadenza del mutuo. Il vantaggio per le famiglie è una rata del mutuo compatibile con il proprio reddito, ma ciò non comporta alcuna riduzione dei relativi interessi maturati e il pagamento di ulteriori interessi a scadenza. Parlare, quindi, di benefici di 800-1000 euro è assolutamente fuori luogo. I vantaggi sembrano più per le banche che per i mutuatari».

Confindustria, il debutto della Marcegaglia, «La malattia dell'Italia è la crescita zero»

«Ma possiamo rinascere» ha detto il neo presidente di Confindustria nel suo primo discorso all'Assemblea.
ROMA - L'assenteismo come «scandalo nazionale», la mano tesa ai sindacati con l'appello a mettere da parte gli «antagonismi», un plauso al nuovo governo per il decreto sulla detassazione degli staordinari, un riferimento specifico alle donne («troppe donne a casa, troppe culle vuote, troppi bimbi poveri»): c'è tutto questo nel primo discorso di Emma Marcegaglia all'Assemblea degli industriali. Ma soprattutto nella relazione della nuova presidente di Confindustria, che ha raccolto due minuti di applausi, c'è la certezza di uno «scenario nuovo e irripetibile» che dà ora al Paese «la possibilità di rinascere». È ottimista il nuovo patron degli industriali. «Solo le passioni, le grandi passioni, possono innalzare lo spirito a grandi cose»., die citando il filosofo Diderot: «Ci muove una straordinaria passione per l’Italia. Per questo sono ottimista. Sono sicura che non sprecheremo questa occasione».
«TORNARE A CRESCERE» - «La malattia dell'Italia si chiama crescita zero» ha spiegato la Marcegaglia sottolineando la necessità del nostro Paese di tornare a crescere a livelli sostenuti. «La crisi internazionale mette a nudo drammaticamente tutte le debolezze del sistema. Non possiamo più eludere o rinviare quelle scelte, anche difficili e impopolari, che sono indispensabili per non compromettere il nostro futuro», ha detto la numero uno degli industriali all'Assemblea citando la riforma dello Stato, gli eccessi di burocrazia, di spesa pubblica, di pressione fiscale e scarsa produttività, di scarsa ricerca come capitoli sui quali intervenire.
MANO TESA AI SINDACATI - Nel suo discorso di insediamento la neopresidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, tende la mano al sindacato. «Possiamo chiudere una lunga stagione di antagonismo - ha affermato -, pensare in maniera nuova il confronto con i sindacati e il modello di relazioni industriali. Oggi sono obsolete».
«BENE IL DECRETO SULLA DETASSAZIONE» - Soddisfazione è stata espressa dal nuovo numero uno degli industriali per il decreto approvato giovedì dal Cdm per la detassazione degli straordinari. «È un segnale importante - ha detto la Marcegaglia -, una misura che Confindustria propone da tempo». «La riforma della contrattazione - ha aggiunto la neo presidente dei Confindustria - dovrà riguardare anche il pubblico impiego, che ha inspiegabilmente ottenuto negli ultimi anni incrementi retributivi più che doppi rispetto al settore privato, senza alcun aumento di efficienza». La Marcegaglia ha definito anche «uno scandalo nazionale i tassi di assenteismo nel pubblico impiego». Non è «accettabile - ha aggiunto - un sistema dove ci sono persone che timbrano il cartellino e subito dopo abbandonano il posto di lavoro. È un insulto nei confronto dei lavoratori onesti. Pubblici e privati».
«MORTI BIANCHE, PROFONDA TRISTEZZA» - Nella relazione della Marcegaglia anche un riferimento al tema della sicurezza sul lavoro. «Ogni incidente sul lavoro è per noi una sconfitta», ha detto Marcegaglia assicurando come la «sicurezza sul lavoro è un nostro obiettivo, prima ancora che la legge ce lo imponga». Il pensiero del numero uno degli industriali va inevitabilmete a Girolamo Di Maio, l'operaio morto in uno degli stabilimenti del suo Gruppo. «Esprimo la mia profonda tristezza e la vicinanza alla famiglia» ha detto la Marcegaglia.
AMBIENTE - Sul surriscaldamento globale, la linea adottata dal presidente di Confindustria è quella di un sì a interventi coordinati per la lotta ai cambiamenti climatici ma a patto che non ostacolino il fare impresa in Europa». «Noi non chiediamo la tutela acritica degli interessi europei - ha spiegato la leader degli industriali - ma non possiamo nemmeno accettare impostazioni autolesionistiche, come continuare con l'adozione unilaterale del protocollo di Kyoto». «Condividiamo - ha proseguito - l'idea di interventi coordinati per i cambiamenti climatici, ma non accettiamo un atteggiamento che rischia di rendere difficile e costosissimo fare impresa in Europa, lasciando che chiunque inquini a piacimento fuori dal nostro territorio».

giovedì 22 maggio 2008

L'IRPEF SENZA GLI STRAORDINARI

La detassazione degli straordinari modifica in modo significativo la fisionomia del più importante tributo italiano. Perciò, non bisogna solo capire se gli obiettivi siano giusti, ma anche se lo strumento individuato sia il più corretto. L'agevolazione fiscale persegue finalità che si prestano a non poche obiezioni, dà risultati iniqui, contrasta con principi cardine del sistema d'imposizione personale del reddito, risponde solo parzialmente a un possibile effetto di inefficienza che riguarda una parte esigua dei soggetti coinvolti e favorisce fenomeni elusivi.
Gli interventi sull’Irpef, preannunciati per il prossimo Consiglio dei ministri, modificano in modo significativo la fisionomia del più importante tributo del nostro ordinamento, mettendone a repentaglio il disegno e rischiando di rendere l’Irpef un’imposta incomprensibile.Per valutarli, quindi, non è solo importante capire se gli obiettivi perseguiti siano giusti, ma anche se lo strumento individuato, l’agevolazione fiscale, sia quello più corretto.Prima di tutto va chiarito che le detassazioni proposte non sono finalizzate a sostenere i salari in via generalizzata. Per questo fine lo strumento fiscale più adeguato sarebbe l’aumento della detrazione per lavoro dipendente, che avrebbe il pregio di riguardare anche i collaboratori a progetto, spesso i più giovani, i quali sono esclusi dalle misure in discussione.Si propone invece di detassare le componenti variabili della retribuzione, quelle cioè che si percepiscono solo a condizione di lavorare più ore (straordinari) o di riuscire a ottenere che l’impresa condivida con il lavoratore un risultato aziendale positivo (premi di risultato).
COMPONENTI VARIABILI E ALIQUOTA MARGINALE EFFETTIVA
Si dice che si interviene sulle parti variabili del salario perché, essendo l’imposta progressiva, le componenti aggiuntive sono tassate ad aliquote marginali più elevate. In particolare nei dibattiti televisivi si sente dire che in molti casi su queste quote retributive si paga il 38 per cento invece del 32 per cento.Èproprio vero?La misura sarà presumibilmente rivolta ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore ai 35mila euro, che, secondo gli ultimi dati a disposizione relativi al 2005 (e senza contare eventuali esclusioni del pubblico impiego) sono circa 17,7 milioni.Va subito chiarito che 3,8 milioni di questi non sono interessati dalla agevolazione perché sono già esenti da tassazione, avendo un reddito inferiore agli 8mila euro. (1) La platea dei lavoratori potenzialmente interessati alla manovra si riduce quindi a 13,9 milioni di soggetti. Di questi, circa 12,2 milioni hanno un reddito al di sotto dei 27.500 euro. Per tutti questi, ogni euro in più guadagnato è sempre tassato allo stesso modo: il 30,34 per cento. Non vi è quindi nessuna necessità di intervenire sulla tassazione del reddito marginale (straordinari e premio di risultato) per compensare un brusco innalzamento del prelievo che gravi specificamente su queste componenti. Un brusco innalzamento si verifica solo per quei soggetti che, eventualmente anche perché aggiungono al proprio salario normale parti variabili, superano la soglia dei 28mila euro, e arrivano, quindi, a un’aliquota marginale effettiva decisamente più alta (superiore al 40 per cento). Si tratta di circa 1,7 milioni di lavoratori.Ma se il problema è questo non sarebbe meglio intervenire, secondo le linee tracciate anche nel libro bianco sull’Irpef, sulla scala delle aliquote, rendendo più morbido il passaggio fra il secondo e il terzo scaglione dell’Irpef per tutti, e non solo per chi fa gli straordinari?
ALCUNE REGOLE DELLA TASSAZIONE SUI REDDITI
Se il provvedimento verrà adottato la nostra Irpef violerà tre importanti regole della tassazione dei redditi.
1) Due soggetti che hanno lo stesso reddito dovrebbero essere tassati nello stesso modo.E invece avverrà che se due soggetti hanno lo stesso reddito di lavoro dipendente, quello per il quale una componente deriva da straordinari o premi sarà tassato meno dell’altro.2) La tassazione non dovrebbe alterare la scala dei redditi. Se prima dell’imposta Aldo ha un reddito più alto di Giovanni, l’imposta può ridurre la distanza fra i due, ma non dovrebbe fare sì che dopo l’imposta Giovanni sia più ricco di Aldo. Ed è invece proprio quello che potrà avvenire con il nuovo sistema di tassazione, se Giovanni fa straordinari o gli viene riconosciuto un premio di risultato.3) Se due redditi hanno uguale natura (per esempio, sono entrambi redditi di lavoro dipendente, come il salario normale e il reddito da straordinari) bisognerebbe tassarli secondo le stesse regole, se no si incentivano comportamenti elusivi, e cioè comportamenti con cui si trasforma fittiziamente l’uno nell’altro, senza cambiare il risultato economico pre-imposta, ma al solo scopo di ridurre l’imposta da pagare.
PERCHÉ DETASSARE GLI STRAORDINARI?
Non solo lo strumento utilizzato, ma anche gli obiettivi perseguiti sollevano alcune perplessità.Per spiegare perché si vuole riconoscere un trattamento di favore per gli straordinari bisognerebbe spiegare, prima di tutto, perché sia un bene, per la collettività che rinuncia a parte del gettito, che i lavoratori facciano degli straordinari.Gli straordinari contribuiscono a dare maggiore flessibilità all’impresa per rispondere a picchi temporanei di domanda.Ègiusto allora che non siano fiscalmente penalizzati e la penalizzazione contributiva, che esisteva fino a pochi mesi fa, è stata rimossa dalla legge attutiva del protocollo sul welfare. Ma perché agevolarli? Una motivazione potrebbe essere che se i lavoratori già occupati lavorano più ore si avrà un aumento del Pil che farà stare tutti meglio. Èuna visione molto riduttiva del benessere sociale, che dimentica, ad esempio, come a esso concorra anche il tempo dedicato agli investimenti nella propria crescita culturale (capitale umano) e alla partecipazione all’educazione dei figli e alla vita sociale (capitale sociale) a cui gli straordinari sottraggono tempo ed energia. Ma anche a prescindere da queste considerazioni, ci sono tanti altri esempi in cui un lavoratore lavora di più, e non si prevede di detassarlo: passa dal part time al lavoro a tempo pieno (come avviene per molte donne dopo la maternità); viene assunto per la prima volta (un giovane) o dopo un periodo di inattività (un disoccupato); lavora di più perché ha un contratto con orario flessibile che non qualifica come straordinario l’erogazione aggiuntiva di ore di lavoro in periodi di alta produzione. Per tutti questi lavoratori che incrementano le ore lavorate, in via temporanea o permanente, nessun premio è previsto. La logica del provvedimento sfugge.
PERCHÉ DETASSARE I PREMI DI RISULTATO?
Nel caso del premio di risultato, l’obiettivo non è quello di incentivare il maggior prodotto che richiede maggior lavoro, ma il maggior valore aggiunto che si ottiene lavorando lo stesso numero di ore (produttività). Un maggior valore aggiunto non è però necessariamente il risultato di uno sforzo volontario e meritevole del singolo lavoratore (che andrebbe comunque premiato non in sede fiscale ma in sede di contrattazione decentrata), dipende generalmente da processi innovativi, anche nella stessa organizzazione del lavoro, che non sono sotto il suo controllo. Potrebbe dipendere da una minore esposizione dell’impresa agli aumenti dei costi delle materie prime importate, o dall’andamento favorevole della domanda mondiale in un particolare settore. Ègiusto che i lavoratori siano fatti parte di questi migliori risultati aziendali, qualunque ne sia la causa, ma perché premiarli fiscalmente, rispetto a lavoratori che operano in aziende più esposte alla concorrenza estera, o più dipendenti dai prezzi all’importazione? Perché penalizzare i lavoratori che hanno minore forza contrattuale per ottenere riconoscimenti legati ai risultati?Se poi si pensa ai premi di produzione individuali, non decisi contrattualmente, perché dare al datore di lavoro la possibilità di “comporre” i salari dei propri dipendenti in modo tale da minimizzare il carico fiscale per alcuni e non per altri?In conclusione, l’agevolazione proposta non solo persegue obiettivi che si prestano a non poche obiezioni, ma dà anche risultati iniqui, contrasta con alcuni principi cardine del sistema d'imposizione personale del reddito, risponde solo parzialmente a un possibile effetto di inefficienza che riguarda una parte esigua dei soggetti coinvolti e favorisce fenomeni elusivi.
(1) In realtà la stima è molto conservativa, perché per i lavoratori con carichi di famiglia la soglia di esenzione cresce rapidamente ed è ad esempio di quasi 13mila euro nel caso di un lavoratore con due figli a carico.

benzina e gasolio ai massimi, sfiorano gli 1,5 euro al litro

Petrolio: nuovo record, supera i 133 dollari.
NEW YORK - Nuovo record del prezzo del petrolio. Il greggio Usa ha superato anche la soglia di 133 dollari al barile, spinto dai timori relativi agli approvvigionamenti e dalla debolezza del biglietto verde. Il wti ha superato per la prima volta quota 133 dollari al barile, fino al picco di 133,38 dollari. Primato anche per il Brent (il petrolio del mare del Nord) che sulla piazza di Londra ha toccato i 131,23 dollari al barile.
EURO - Anche l'euro guadagna un centesimo netto sul dollaro: 1,5753 al fixing della Banca centrale europea, martedì era a 1,5654.
AI MASSIMI ANCHE BENZINA E GASOLIO - Sulla scia del rialzo del greggio la benzina e il gasolio sono arrivati ad un passo dagli 1,5 euro al litro. La verde e il diesel hanno infatti segnato oggi un nuovo record portandosi a quota 1,4999 euro al litro sulla rete Agip che secondo fonti di settore ha rivisto al rialzo entrambi di 1,1 centesimi.E continua quindi a crescere il costo dei carburanti per gli automobilisti italiani che nel giro degli ultimi 5 mesi, dall'inizio cioè dell'anno, hanno visto il pieno per un'auto di medio-alta cilindrata aumentare di oltre 6 euro mentre per un rifornimento completo di una vettura delle stesse caratteristiche diesel l'aggravio è ben superiore: quasi 15 euro in più rispetto ai primi giorni di gennaio scorso. Un litro di diesel nei primi giorni del 2008 costava infatti intorno a 1,209 euro al litro contro gli attuali picchi a 1,499 euro segnati oggi dall'Agip, vale a dire quasi 30 centesimi in meno rispetto i livelli attuali. Per un litro di verde, invece, ad inizio anno erano necessari 1,374 euro contro i quasi 1,5 euro di oggi.

Abolita l'Ici, detassati gli straordinari

La detassazione al 10% sulle ore lavorate in più e sui premi legati alla produttività. Esclusi gli statali.
Via libera dal Consiglio dei ministri all’abolizione dell’Ici sulla prima casa e alla detassazione di premi e straordinari. Confermata la cedolare secca del 10% sulle ore lavorate in più e sui premi legati alla produttività. L’aliquota agevolata si applica su un plafond non superiore a 3. 000 euro e per i redditi fino a 35. 000 euro percepiti nel 2007 e attestati dalla dichiarazione dei redditi. Il pacchetto fiscale che comprende la detassazione degli straordinari e l’eliminazione dell’Ici dovrebbe avere un costo di 2,7-2,8 miliardi di euro, che «saranno tutti coperti interamente da tagli di spesa».
Ridotte rate mutui variabiliLe banche offriranno ai clienti la possibilità di rinegoziare i mutui prima casa a tasso variabile accesi prima del 2007. Questo, come apprende radiocor, l’accordo tra abi e ministro dell’economia, giulio tremonti. La convenzione potrebbe trovare posto nella cornice del dl fiscale che il governo vara oggi. Le rate residue verranno ricalcolate sulla base dei tassi medi del 2006, nettamente inferiori a quelle attuali, e mantenute fisse fino alla scadenza.
L’accordo prevede che la differenza rispetto all’importo attuale delle rate dei mutui venga addebitata su un conto del cliente al quale si applicherà un tasso irs a 10 anni maggiorato di uno spread dello 0,50 per cento. I clienti potranno chiedere alle banche la rinegoziazione entro il prossimo 31 dicembre. L’intesa è stata illustrato oggi a milano dai vertici dell’abi ai banchieri dell’esecutivo ed ha colto l’unanime apprezzamento dei partecipanti.Mutui, Berlusconi: «Si potrà tornare a rate del 2006»Il governo ha adottato misure per aiutare le famiglie in difficoltà con il pagamenmto delle rate dei mutui. Ad annunciarlo il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso della conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri straordinario a Napoli. Il meccanismo, spiega Berlusconi, prevede «la possibilità per coloro che pagano le rate del mutuo con tasso variabile e hanno stipendi fermi al 2006 di tornare a pagare la stessa rata pagata nel 2006, con la possibilità di vedersi riconosciuta la somma pagata in più».
«Abolizione Ici è spinta allo sviluppo»L’abolizione dell’Ici sulla prima casa consentirà «una spinta allo sviluppo» e la detassazione degli straordinari «incrementerà la produttività». Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a proposito dei due provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri di Napoli. Con la cancellazione dell’Ici vogliamo «porre rimedio alla perdita di valore del potere d’acquisto delle famiglie e dare una spinta allo sviluppo del Paese che oggi registra crescita zero». Con la detassazione degli straordinari «si darà maggiore produttività alle imprese». Tremonti: «Senza l'Ici meno ansie per le famiglie»«Togliendo l’Ici e togliendo un pò di mutuo, pensiamo anche di togliere un pò di angoscia che si è andata cumulando in questi anni per le famiglie»: così il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti spiega il senso del provvedimento con il quale si potrà pagare il mutuo a tassi del 2006, qualora si abbia scelto il tasso variabile e qualora esso sia salito negli ultimi due anni. «Udite, udite - afferma Tremonti in conferenza stampa - le famiglie potranno ristrutturare il mutuo. Vale a dire, la rata da variabile diventa fissa e fissa al 2006. Alla scadenza del mutuo, se i tassi sono saliti il contratto di mutuo dura un pò di più. Se nel frattempo i tassi sono scesi, le banche restituiranno i soldi». Ma, siccome «il diavolo si annida nei dettagli», Tremonti promette che «saremo attenti alla tempistica e alla modulistica». Il Ministro afferma di «riconoscere lo sforzo comune fatto assieme al settore bancario».

"I mutui ai tassi del 2006"

Tremonti: accordo con le banche, si potranno rinegoziare i prestiti variabili.
La trattativa è andata avanti per giorni, al riparo dei riflettori. I banchieri da una parte, Giulio Tremonti dall'altra. L'impegno è quello di congelare le rate dei mutui a tasso variabile di chi, con gli ultimi aumenti, non ce la fa più. L'accordo, a sorpresa, arriva al primo consiglio dei ministri dentro al pacchetto di misure economiche: l'abolizione dell'Ici sulla prima casa e la detassazione per i salari fino a 30mila euro. Il ministro dell'Economia parla soddisfatto alla fine della riunione fra gli arazzi del Palazzo Reale: «Non è un miracolo, ma è qualcosa. Per ottenerlo il presidente del Consiglio ha fatto moral suasion, io fiscal suasion». Tremonti fa il verso al gergo elegante e un po' snob dei banchieri centrali, ammettendo di avere ottenuto dalle banche lo sconto con la minaccia di un aumento delle tasse per decreto. Il sistema escogitato assomiglia ad un tipo di mutuo che già alcune banche offrono ai clienti: l'accordo permetterà di rinegoziare i contratti a tasso variabile stipulati a partire dal 2007, ma con una rata fissa «fuorimercato» uguale a quella pagata in media nel 2006. All'inizio la durata del mutuo resterà la stessa: l'allungamento eventuale dipenderà dai tassi di interesse. Se la curva sarà cresciuta, il periodo salirà; se sarà scesa si pagherà meno. La convenzione sarà firmata dal Tesoro e dall'associazione delle banche entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto e potrebbe interessare più di un milione di famiglie. Non è la prima volta che i banchieri si siedono ad un tavolo per discutere di mutui; accadde con i decreti Bersani sulla portabilità, e il risultato fu che molti istituti, nonostante un accordo firmato con i consumatori, non lo rispettarono. «Sappiamo che il diavolo sta nel dettaglio, dunque vigileremo», avverte Tremonti. «Ma va detto che le banche hanno fatto uno sforzo nell'interesse nazionale». Bersani è scettico: «Il rischio è quello di un cartello legittimato dalla legge».Se lo sgravio sui mutui sarà a costo zero per lo Stato, l'abolizione completa dell'Ici e la detassazione sperimentale degli straordinari costeranno in tutto 2,6 miliardi. Il taglio dell'imposta sulla prima casa è confermato per quasi tutte le abitazioni (escluse case di pregio, castelli e ville) e comprenderà cantine e garage. All'ultimora, per ridurre i costi, il ministro del Lavoro Sacconi ha ristretto ancora la platea di coloro che godranno della detassazione degli straordinari: a partire da luglio l'aliquota al 10% verrà applicata ai dipendenti che nel 2007 hanno presentato un modello «Cud» non superiore ai 30mila euro, e fino ad un massimo di tremila euro annui fra straordinari, premi ed incentivi. Restano fuori sia gli statali sia le forze dell'ordine. «Per loro - promette il ministro della Funzione pubblica Brunetta - se ne riparla in Finanziaria». Questi tagli, garantisce Tremonti, verranno finanziati con risparmi di spesa che però ieri non ha precisato. «Posso dirvi che una voce nel mirino è alla lettera A come apicoltura: due milioni di euro». Si sa che le altre sono nell'ultima Finanziaria, fra gli incentivi alle imprese e nel decreto milleproroghe (in particolare la Visco Sud), l'ultimo treno bipartisan che alla fine della scorsa legislatura «ha in alcuni casi scandalosamente distribuito» qualche centinaio di milioni. Aggiunge il Cavaliere: «Abbiamo tagliato i regali agli amici e agli amici degli amici: un repulisti dei capricci in cui la precedente amministrazione si era esercitata non poco». Tremonti ribadisce che né ora né nei prossimi mesi verranno messe le mani nelle tasche degli italiani. A giugno, quando ci vorranno nuovi sacrifici per la manovra, ci penseranno banche, assicurazioni e società energetiche. «Ci sarà una rimodulazione della base imponibile». Il ministro lo sussurra ad un pugno di cronisti poco prima della conferenza stampa finale: «Sanno già che gli tocca comunque».

mercoledì 21 maggio 2008

Il nostro libero pensiero:
BILANCIO ITALIANA ASS. 2007



Quest'anno, Italiana Assicurazioni chiude con attivo di 22 milioni di euro, buon risultato!
Noi come UILCA ITALIANA abbiamo appreso la notizia con un senso positivo, ma una considerazione: ma come mai il premio variabile dipendenti, con la procedura del conteggio in percentuale, sarà minore dello scorso anno!
Risposta corale: perché nel 2007 è stato più basso che nel 2006! Strano tutto il comparto esce in utile maggiore!
Mi torna in mente, che a seguito di un pranzo domenicale (ma anche durante le cene settimanali) di assopirmi sul divano e in una sorta di pre-anestesia, sentire il nome della mia Compagnia: " la trasmissione è o è stata presentata da Italiana Assicurazione..." che bello, puntiamo al riconoscimento del marchio, siamo diventati anche noi un tormentone pubblicitario.
Così, una campagna pubblicitaria su tutte le reti nazionali più importanti ed in orari strategici, di una durata iniziale di tre mesi, pare ora rinnovata, ha gravato sui costi. Chiunque sa, che questi milioni di euro, avranno un ritorno economico, la pubblicità serve proprio a questo scopo!
Ma allora, dove può esserci la riduzione di un premio variabile e di conseguenza l'utile di quest'anno? Dallo spreco! Assunzioni mirate, con l'impiego di mansioni non inferiori al 6° livello con trattative tutte individuali, auto aziendali che se anche dirigenti con il loro stipendio non si comprerebbero mai di tasca loro! E per andare dove, a rappresentare la Compagnia in qualche riunione annuale. Cene e meeting, solo per alcuni prescelti sempre pochi dipendenti, escludendo la maggior parte, senza dare motivi solo per le loro scelte, oserai dire quasi personali, di simpatia, facendo trasparire motivazioni: quello è rompiscatole, troppo anziano, donna con figli e famiglia.
La selezione!
Senza tralasciare, il convegno finale con gli Agenti della Compagnia, che noi ringrazieremo sempre, per il solo motivo che vendono e fanno l'utile, in paesi bellissimi e lontani, buoni per un viaggio turistico e non per farci un congresso, a meno che mi sovviene i famosi fatti dai medici e categorie simili nei paesi più esotici, che forse più di parlare della professione, sono solo viaggi offerti!
Pauperismo, tanto di voga in questi giorni nella nostra società, fa credere, che più pacatezza pari a quella dei nostri nonni, forti di sapere che austerità e umiltà sono punti di forza e non di debolezza.
Per ultimo, scrivo questo articolo, per non dover un domani pensare che in momenti di vacche magre, i soliti che pagano sono gli ultimi, e cioè gli impiegati, si quelli esclusi dai loro corsi e convegni, ma che con senso di responsabilità, noi abbiamo sempre informato.
BIBLIOTECA SINDACALE UILCA LOMBARDIA

SOCIALISMO E SOCIALE


Qualche giorno fa, mi veniva posta una considerazione, paradossale. Un'equazione storica, ossia “...ma anche la destra (quella nuova, antireazionaria e non quella reazionaria) è con il popolo, ha un aspetto sociale...”. Così ho avuto l'opportunità, di ricostruire e motivare un'affermazione di questo genere, ma mi sono chiesto: perché dobbiamo assumere una posizione relativista? Non possiamo accettare tutto, il revisionismo non deve superare i principi. Pertanto, nella genesi del Movimento Operaio, il Socialismo vede sorgere il sole del nuovo mondo sociale, nel rispetto dei principi delle Internazionali Francese ed Americana, che sancivano i Diritti dell'uomo. Così sia il Socialismo ed il Sociale vedono una vera e concreta applicazione, sviluppata dalla contrapposizione delle lotta sociale di classe.
Saltando nella storia, arriviamo al 1917, la terza Internazionale si va compiendo, nella Rivoluzione d'Ottobre, che sovverte uno Stato monarchico feudatario, dove ancore vige la servitù della gleba.
Neanche qualche anno dopo, al termine della Grande Guerra, taluni principi assumo impropriamente la dicitura sociale, e diventano la distorsione dei principi Socialisti. Il Fascismo è
sociale, solo per qualche provvedimento, tra l'altro preso per l'evolversi della nostra società e di tutta la società mondiale e non per ultimo, nell'animo del suo fondatore i cui valori Socialisti avevano una radicata formazione. Il lavaggio di una certa ideologia, non può farci che riflettere,.Talune figure politiche, che ora occupano ruoli istituzionali importantissimi, non possono edulcorarci la forza sociale del Movimento Operaio e Socialista, passando che con il “popolo” stanno anche loro.
Sociale è lo sviluppo di una società, fondata sui principi della dignità, dell'uguaglianza, della redistribuzione delle ricchezze e della fratellanza. Con la Costituzione e la sua promulgazione, si nota l'assenza di chi sociale ha fatto, solo disperazione e distruzione. Dall'oblio sono risorti, per pace sociale, ma nessuno di loro può confondere tutti i nostri principi, ma mai e poi mai, potrà offuscare quel sole nascente, dell'uguaglianza.

venerdì 16 maggio 2008

L'ITALIA NELLA SPIRALE DEL "DEGIOVANIMENTO"*

Siamo uno dei paesi più squilibrati nei rapporti tra le generazioni. Rispetto ai coetanei europei, i giovani italiani contano meno non solo dal punto di vista demografico, ma anche da quello sociale, economico e politico. Se alla riduzione quantitativa delle nuove generazioni non si risponde con un aumento qualitativo, nessuna barriera protezionistica sarà sufficiente per proteggerci dal declino. Quando in una popolazione aumenta il peso delle nuove generazioni si parla di “ringiovanimento”. Nel caso di un processo opposto, nel quale la consistenza delle nuove generazioni si riduce, si parla di “invecchiamento”. Tale termine però porta a concentrare più l’attenzione sulla crescita della popolazione anziana e sulle sue implicazioni, e meno invece sulla riduzione della popolazione giovanile.
POCHI GIOVANI E POCO VALORIZZATI
Il confronto tra Italia e Francia può essere illuminante in questo senso. La longevità nei due paesi è molto simile, del tutto comparabili sono i livelli dell’aspettativa media di vita, e analogo è anche l’ammontare della popolazione. La differenza sta tutta nella parte bassa della piramide delle età. Negli ultimi venticinque anni la fecondità francese si è mantenuta su valori poco inferiori ai due figli per donna, soglia che rappresenta il livello di equilibrio nel rapporto generazionale. Nello stesso periodo l’Italia è diventata uno dei paesi con più cronica denatalità al mondo. La conseguenza è che ora rispetto alla Francia contiamo oltre quattro milioni e mezzo di under 25 in meno. Siamo inoltre in Europa lo stato con peso più basso di tale fascia d’età sul totale della popolazione: gli unici scesi sotto quota 25%.

Figura 1 - Percentuale popolazione under 25















Quello del declino demografico dei giovani è un fenomeno del tutto inedito e del quale il nostro paese è una della punte più avanzate. Un processo che, per analogia con quello della denatalità e per contrapposizione a quello del ringiovanimento, potremmo chiamare “degiovanimento”(1). Il rischio è che al degiovanimento demografico corrisponda anche un degiovanimento sociale, vale a dire una perdita generalizzata di peso e di importanza delle nuove generazioni.
RAPPORTI GENERAZIONALI SQUILIBRATI
La teoria economica dice che se un bene diventa più raro tende a diventare di conseguenza anche più prezioso, aumenta di valore e viene più ricercato. Stranamente, però, ciò non accade in Italia per il bene “giovani”. I giovani italiani, rispetto ai coetanei europei, contano meno non solo dal punto di vista demografico, ma anche da quello sociale, economico e politico (2). Siamo infatti il paese che nel complesso risulta più squilibrato nei rapporti tra generazioni. C’è, in primis, lo squilibrio nei rapporti quantitativi, che corrisponde anche a un minor peso elettorale per le nuove generazioni. Ma esiste anche un deficit di presenza dei giovani nella classe dirigente. La maggiore gerontocrazia del mondo politico di cui soffre il nostro Paese è inoltre accentuata da barriere anagrafiche di ingresso nel Parlamento che difficilmente trovano paragoni negli altri paesi occidentali (3). L’occupazione under 25 è poi tra le più basse (la Spagna negli ultimi dieci anni ci ha superati) e la disoccupazione tra le più elevate. Per chi poi trova lavoro, come dimostrano i dati Istat e della Banca d’Italia, i salari risultano particolarmente bassi ed il divario con quelli dei cinquantenni si è ampliato. Sbilanciata a favore delle generazioni più vecchie è anche la spesa sociale. In tutti gli altri paesi dell’area euro, le pensioni incidono per meno della metà della spesa per protezione sociale, noi invece superiamo il 60%. Se si scorporano le pensioni spendiamo un terzo in meno per tutte le altre voci rispetto alla media europea.
Figura 2 – Spesa sociale (% sul Pil) escluse le pensioni
















La questione pensionistica è un ulteriore elemento di iniquità nel rapporto tra le generazioni: come ben noto, le riforme previdenziali hanno nel complesso addossato la maggior parte dei costi dell’invecchiamento sulle nuove generazioni (4). E, dulcis in fundo, la più odiosa delle iniquità nei rapporti intergenerazionali: il debito pubblico. Nel 2007 l’indebitamento italiano è stato l’unico dell’area euro a trovarsi sopra il Pil, mentre in tutti gli altri grandi paesi europei non oltrepassa il 65%. Un debito che, come sottolineano Boeri e Galasso (5), è servito alla generazione dei padri per salvaguardare il proprio benessere e che ora brucia risorse che potrebbero essere destinate a rendere meno squilibrata la spesa per protezione sociale verso le nuove generazioni.
Il nuovo governo Berlusconi si è dato il compito di far rialzare l’Italia. Difficilmente però il Paese riuscirà a rimettersi in piedi e a correre come gli altri se prima non ridurrà il macigno del debito pubblico che si porta sulle spalle.
USCIRE DALLA SPIRALE
La spirale del “degiovanimento” penalizza lo sviluppo e la crescita. Per mantenere competitivo il Paese, alla diminuzione quantitativa delle nuove generazioni si deve rispondere con un aumento qualitativo. La strada è semplice, si deve invertire completamente la rotta. Ovvero, fare quello che sinora non si è fatto: investire in formazione, in opportunità occupazionali e in protezione sociale. Ma poi, soprattutto, premiare i migliori. L’Italia dei prossimi decenni sarà "meno peggio" di quella presente solo se avremo figli mediamente più bravi dei padri e consentiremo ai più capaci di arrivare ai posti più importanti e prestigiosi. In caso contrario, al di là di qualsiasi barriera protezionistica verso l’esterno, il declino è assicurato.

E LE DONNE RESTANO A CASA

Nel rapporto di Save the Children l'Italia è agli ultimi posti fra i paesi europei per condizioni di salute, lavoro e pari opportunità delle madri. Quoziente familiare e detassazione degli straordinari aumentano il divario tra lavoratori e lavoratrici. Mentre con costi simili si potrebbero detassare le spese delle famiglie con figli in cui le madri lavorano e usano servizi, in un percorso volto a modificare la struttura familiare italiana, caratterizzata da ruoli fortemente tradizionali. Altrimenti, il rischio è di rendere ancora più grave il binomio donne a casa e culle vuote.
Nel giorno della festa della mamma è stato pubblicato il nono rapporto di Save the Children dal titolo “State of the World’s Mothers” (www.savethechildren.org) che mostra un ranking per molti paesi sviluppati e non, sulla condizione di salute, lavoro e pari opportunità delle madri. L’Italia è al diciannovesimo posto, ultima o quasi dei paesi europei.
LA SITUAZIONE E LE PRIORITÀ DEL GOVERNO
Tra i fattori che spingono l’Italia così in basso ci sono i divari di reddito uomo/donna (che ci vede allo stesso livello del Belize, della Repubblica Dominicana e dell’ Honduras) e ben lontani dall’80 per cento circa della maggior parte dei paesi del Nord Europa.Un altro fattore è la rappresentanza politica, cioè la percentuale di donne presenti nel governo nazionali (solo il 17 per cento ) che ci vede simili al Gabon, o alla Bolivia e di nuovo ben distanti dal Nord Europa (con il 44 per cento). Mentre in questi paesi il tasso di partecipazione delle donne, con figli e non, è quasi uguale a quello maschile e il numero di figli per donna è vicino a due, in Italia più di una donna su due, in età di lavoro, non è occupata e ha un figlio solo o nessuno.Nonostante l’avvicinarsi degli obiettivi di Lisbona e gli appelli recenti del Presidente della Repubblica che chiede di “affrontare le politiche per la famiglia, con misure volte ad elevare il tasso di occupazione femminile e a conciliare la vita familiare e la vita lavorativa”, sembra che le priorità annunciate dal nuovo governo vadano nella direzione opposta.Da un lato è indicativo il basso numero di donne ministro, solo quattro su ventuno, nel nuovo esecutivo, dall’altro sono significative le proposte di quoziente familiare, che sostengono le famiglie monoreddito, e di detassazione degli straordinari che aumenta il divario tra lavoratori e lavoratrici.Il sistema con quoziente familiare fa pagare alle donne che lavorano un’aliquota certamente più elevata rispetto all'attuale, in quanto determinata anche dal reddito del coniuge: inevitabilmente non può che scoraggiare la partecipazione femminile al mondo del lavoro, e ciò in una situazione come quella italiana caratterizzata dal gap occupazionale tra uomini e donne più alto d’Europa. La detassazione degli straordinari, poi, è un intervento a favore dei lavoratori che fanno (e possono fare) gli straordinari e quindi favorisce principalmente uomini, che lavorano al Nord e nelle grandi imprese. Non favorisce certo donne con figli piccoli, giovani, anziani, proprio quando il grosso problema del mercato del lavoro italiano continua a essere costituito dai bassi tassi di occupazione di queste fasce e porta a esacerbare il già grave divario tra uomini e donne.Inoltre, incentiva le imprese a usare le ore di lavoro rispetto al numero di lavoratori: straordinario al posto del lavoro normale (si legga l'ultimo invervento di Matteo Richiardi). Il problema del nostro mercato del lavoro è il basso tasso di occupazione, non il basso numero di ore lavorate, a differenza di altri mercati del lavoro meno regolati dove le imprese usano il numero degli occupati invece delle ore di lavoro per aggiustare la produzione al variare della domanda.
L'ALTERNATIVA
Con costi simili, 2 miliardi circa, si potrebbero invece detassare le spese delle famiglie con figli in cui le madri lavorano e usano servizi ( si veda l'articolo di Boeri e Del Boca "Chi Lavora in Famiglia") . Un intervento di questo tipo oltre che incentivare il lavoro delle donne, soprattutto con figli, potrebbe incentivare l’emersione di lavoro nero (badanti, babysitter), a creare nuova occupazione (servizi aggiuntivi necessari per le famiglie in cui si lavora in due).Si tratta di proseguire un percorso volto a modificare la struttura familiare italiana caratterizzata da ruoli fortemente tradizionali in cui le donne sono dipendenti dalla famiglia ed esposte a rischi di disoccupazione, separazioni familiari, restringendo il divario tra redditi e opportunità tra uomini e donne. Le misure proposte vanno nella direzione opposta, con il rischio di rendere ancora più grave il binomio donne a casa e culle vuote.

Tasse, sconti solo a impiegati e operai

Straordinari, sgravi anche alla polizia. L'Ici via da giugno, risparmio medio 73 euro.
ROMAIl provvedimento sarà sperimentale per sei mesi, da giugno a dicembre. Non ci sarà nessun tetto di reddito, ma lo sconto sarà circoscritto ai lavoratori inquadrati come operai e impiegati nel settore privato e ai dipendenti del comparto sicurezza. Ci sarà invece un tetto massimo di salario sul quale applicare l’aliquota agevolata del 10%: dovrebbe essere compreso fra i 2 mila ed i 3 mila euro l’anno. La nuova aliquota sarà su tutte le componenti variabili dello stipendio: straordinari, premi e incentivi. Al ministero del Lavoro il decreto è quasi pronto. Ieri, in un vertice a Palazzo Chigi con il premier e Giulio Tremonti, il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha portato la bozza quasi definitiva del provvedimento che verrà approvato mercoledì prossimo. Entro sei mesi i suoi tecnici ne valuteranno l’impatto sui conti pubblici. In autunno, con la Finanziaria, arriverà la versione che avrà invece effetti permanenti. Per allora potranno sperare di essere inclusi coloro che oggi rimangono fuori: il comparto pubblico (con l’esclusione di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza), i quadri ed eventualmente i dirigenti fino ad un certo livello di reddito. Le sigle degli statali sono già sulle barricate: «Questa esclusione è immotivata. Il confronto sulla riforma del settore parte in salita», dice il numero uno Fp-Cgil Carlo Podda. Benché voglia il dialogo con i sindacati, sulle linee di fondo delle sue proposte Sacconi non sembra disposto a cedere: ieri ad esempio ha ipotizzato «con l’accordo delle parti sociali» alcune deroghe alla norma dell’ultimo protocollo sul Welfare che fissa in tre anni il limite massimo per i contratti a tempo determinato. «In alcuni casi rinunciare al lavoro intermittente è sbagliato», ha detto ad un gruppo di precari Rai che lo incalzavano. Sulla modifica ai pilastri del mercato del lavoro - è il caso della riforma del modello contrattuale - il Pd è disponibile ad agevolare il confronto fra governo e sindacati: ieri Sacconi ne ha parlato faccia a faccia col ministro ombra del Welfare Enrico Letta. Il confronto potrebbe partire prima dell’estate: il Cavaliere non vuole perdere l’occasione dei primi cento giorni di governo e per questo ha ordinato ai suoi ministri di accelerare. Nel consiglio di mercoledì 21 a Napoli verranno approvati, oltre alla detassazione degli straordinari, altri due decreti. Ci sarà l’abolizione dell’Ici sulla prima casa e un pacchetto di semplificazioni per le imprese che prenderà spunto dalla vecchia proposta Capezzone: trasformare in autocertificazioni i 50 e più permessi necessari ad aprire un attività. Se ci saranno le risorse, il Cavaliere vorrebbe anche la reintroduzione del bonus bebé da mille euro. Molto dipenderà dalle coperture. Oltre a circa tre miliardi di extragettito ereditati dal governo Prodi, ci saranno nuove tasse per le banche con la modifica alla base imponibile Ires e Irap di alcune voci di bilancio. Da escludere, almeno per ora, modifiche alle aliquote.Il decreto sull’Ici è già pronto, sembra confermato l’addio all’imposta sulla prima casa da giugno. Escluse solo ville e castelli. Resta in forse lo sconto per gli appartamenti di pregio della categoria «A/1»: il presidente di Confedilizia Corrado Sforza Fogliani preme perché entrino nel bonus. Il risparmio medio annuo per famiglia, calcola la Uil, sarà di 73,35 euro. Per una casa accatastata «A/2» lo sconto sarà di circa 106 euro, 40 se «A/3». Per i grandi comuni sono cifre importanti. Basti dire che l’Ici porta nelle casse del Comune di Roma 352 milioni l’anno. La Cgia di Mestre calcola che Trieste è la città con il più alto peso dell’imposta rispetto al totale delle entrate: 19 milioni di euro, il 40% delle tasse comunali. L’Anci avrebbe comunque già ricevuto rassicurazioni da Tremonti sul taglio. Con il decreto il governo si impegnerebbe a restituire ai Comuni il gettito che verrà a mancare dall’abolizione dell’Ici. Se si comprende lo sgravio già varato dal governo Prodi, sono tre miliardi di euro.

Carburanti, ancora record: benzina e gasolio hanno per la prima volta lo stesso prezzo

Nei distributori Q8 la verde e il diesel hanno toccato quota 1,486 euro al litro.
MILANO - Procede senza freni la corsa dei carburanti che anche oggi fanno segnare un nuovo record storico. Inoltre, per la prima volta, nei distributori Q8 benzina e gasolio si allineano sullo stesso prezzo. È quanto emerge dall'ultimo aggiornamento di Quotidiano Energia, secondo cui oggi sia Q8 sia Total hanno fatto salire il prezzo della verde consigliato a quota 1,486 euro, che rappresenta il nuovo massimo. Sotto le insegne Q8, inoltre, anche il diesel ha raggiunto il prezzo, mai toccato prima, di 1,486 euro al litro. Non era mai accaduto che il prezzo finale di diesel e verde fossero uguali.

giovedì 15 maggio 2008

Notizie per le future mamme


Ecopass


"Mercoledì il taglio dell'Ici Più tasse su stipendi d'oro"

Tremonti sui conti pubblici: «Nel 2011 pareggio di bilancio»,
L’abbattimento dell’Ici e gli sgravi fiscali sugli straordinari saranno discussi nel consiglio dei Ministri di mercoledì prossimo. Lo ha annunciato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti a margine della riunione Ecofin a Bruxelles. Di Ici e straordinari «discuteremo mercoledì», ha risposto Tremonti alle domande dei giornalisti, aggiungendo che «per quanto riguarda il decreto che faremo mercoledì prossimo dobbiamo ancora definire le forme e i termini, ma sulla copertura penso sia meglio dirlo alle parti sociali che non a Bruxelles».I tagli delle tasse annunciati dal Governo non avranno alcun impatto sul bilancio. Ha aggiunto il ministro. Gli sgravi fiscali «non avranno un impatto sul bilancio», ha detto Tremonti, «per la dimensione» e per il fatto che saranno coperti già dal 2008. In ogni caso, «per quanto riguarda il decreto che faremo mercoledì prossimo dobbiamo ancora definire le forme e i termini», ha spiegato il titolare di via XX settembre, «ma il mio impegno è quello alla copertura assoluta». Tremonti ha anche riferito di aver avuto un breve incontro bilaterale con il commissario Ue agli Affari economici, Joaquin Almunia, in cui «si è discusso in termini assolutamente generali la situazione di bilancio dell’Italia». Su questo, ha concluso il ministro, «avremo modo di approfondire nei prossimi appuntamenti». Quanto agli sgravi sull’Ici, ha spiegato Tremonti, «l’abbattimento al 40% che già c’è non è coperto, come dicono all’Ance è coperto da una promessa e noi saremo impegnati a coprire quel 40%, e quindi a trasformare una promessa in una copertura, sia a coprire i tagli che faremo noi».L’appuntamento per il raggiungimento del pareggio di bilancio dei conti pubblici, l’obiettivo di medio termine tanto caro alla Commissione, resta al 2011, come indicato dall’ex ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, e non sarà anticipato al 2010 come vorrebbe il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia. Lo ha affermato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, al termine della riunione Ecofin a Bruxelles. «Nella riunione la discussione sull’argomento è stata orizzontale e non verticale» , vale a dire che «non si è parlato dei singoli Stati membri», ha spiegato Tremonti. «In ogni caso», ha osservato, «uno dei punti di consenso con il mio predecessore è il mantenimento del termine del 2011».La presa di posizione dei ministri delle Finanze dei Paesi della moneta unica, che ieri hanno definito «scandalosi» gli stipendi d’oro dei manager, è piaciuta al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che si è detto convinto che in qualche modo bisogerà intervenire sulla tassazione di bonus e liquidazioni. «Cinque anni fa non avrei mai immaginato una discussione come quella avvenuta ieri sera alla riunione dell’Eurogruppo», ha osservato Tremonti, «anni fa il sistema della domanda e dell’offerta si considerava capace di autocorreggersi mentre ieri c’è stata una discussione molto critica sui limiti delle remunerazioni o della logica delle remunerazioni fatte per questo tipo di prestazioni», cioè per i dirigenti d’impresa. Per il titolare dei via XX settembre «è rilevante che se ne sia paralto, è uno degli indicatori del cambiamento di categoria politicà perchè , dice, «oggi c’è la consapevolezza che non si possono affrontare problemi nuovi con soluzioni datate».

Inflazione stabile ad aprile al 3,3% Pane al +10,6%. La pasta vola al 18%

I prezzi, su base mensile, sono aumentati dello 0,2% (contro il +0,1% della stima preliminare).
ROMA - È rimasta stabile al 3,3% l'inflazione ad aprile. Lo comunica l'Istat confermando la stima preliminare. I prezzi, su base mensile, sono aumentati dello 0,2% (contro il +0,1% della stima preliminare).
PASTA E PANE ANCORA IN CRESCITA - Cresce ancora il peso dei prodotti alimentari sul costo della vita: secondo l'Istat, è da segnalare un ulteriore acceleramento della crescita tendenziale dei prezzi di pane e cereali, passati dal +10,1% di marzo al +10,6% di marzo. Su base congiunturale, l'aumento è stato dello 0,6%. In particolare, il prezzo del pane è aumentato dello 0,3% rispetto a marzo e del 13% rispetto ad aprile 2007 mentre quello della pasta è salito dell'1,9% rispetto a marzo e del 18% rispetto ad aprile 2007.

Portabilità dei mutui, l'Antitrust apre un'istruttoria su dieci banche

L'accusa è di «pratica commerciale scorretta» per non aver attuato la legge Bersani.
ROMA - L'Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha aperto dieci istruttorie nei confronti di altrettante banche sulla portabilità dei mutui (la cosidetta legge Bersani). Le banche sono: Unicredit Banca di Roma, Bipop Carire e Banco di Sicilia (tutte e tre del gruppo Unicredit); Intesa San Paolo; Mps; Antonveneta; Ubi Banca; Bnl; Banca Popolare di Milano; Deutsche Bank; Carige; Banca Sella.
Lo ha annunciato il presidente dell'Antitrust Antonio Catricalà, nel corso di un intervento al Forum della Pubblica amministrazione. Le istruttorie nei confronti degli istituti di credito sono state aperte per «pratica commerciale scorretta».
CATRICALA' - «Questa legge sulla portabilitá dei mutui è rimasta inattuata. Abbiamo notizia di rinunce a cambiare solo a causa dei costi e abbiamo denunce di cittadini perchè le banche negano la surrogazione e propongono un contratto analogo con costi insormontabili. Abbiamo evidenza che questo sia vero e abbiamo raccolto prove sufficienti su dieci banche e abbiamo aperto dieci istruttorie» ha spiegato Catricalà. «La pratica è stata aperta perchè riteniamo scorretto il loro modo di agire, non per intesa tra le banche quindi ma per una pratica commerciale scorretta» ha aggiunto il presidente dell'Antitrust.
ORDINI PROFESSIONALI: ISTRUTTORIA IN VISTA - Il presidente dell'Antitrust si è poi soffermato sui problemi generatri dall'esistenza degli ordini professionali. «Le libere professioni - ha spiegato ancora Catricalà - hanno un'incidenza pari all'8% sui costi delle imprese, superiore a quella dell'energia, pari al 6%. Abbiamo trovato negli ordini professionali resistenze fortissime anche di fronte a banali innovazioni. Abbiamo incontrato molta resistenza a cambiare i codici etici. La nostra indagine è alle battute finali. Se l'azione di "moral suasion" non darà frutti, saremo costretti ad aprire una procedura istruttoria».
DANNI PER 5,9 MILIARDI DI EURO - «I comportamenti scorretti delle banche che non applicano le disposizioni previste dalle liberalizzazioni introdotte dal pacchetto Bersani hanno prodotto un danno ai correntisti pari a 5,9 miliardi euro» ha affermato in una nota il presidente del Codacons, Carlo Rienzi. Secondo Rienzi, l'iniziativa dell'Autorità «è sacrosanta ma sicuramente tardiva, perchè nel frattempo i cittadini hanno subito un ingente danno economico».
CLASS ACTION - Anche Adusbef e Federconsumatori plaudono alla decisione dell’Antitrust di avviare le istruttorie su 10 banche. «Ancora una volta - si legge in una nota - dobbiamo dire: bene Catricalà sulle banche. Il presidente dell’Antitrust, infatti, a differenza del governatore della Banca d’Italia che aveva solo denunciato il fatto, ha aperto le istruttorie su 10 banche che non hanno soddisfatto le norme derivanti dalla legge Bersani sulla portabilità dei mutui. Per l’Antitrust si tratta di una pratica commerciale scorretta e, per Adusbef e Federconsumatori, è un costume, ormai consolidato nel tempo, di arroganza e vessazione continua nei confronti dei cittadini utenti. Naturalmente - aggiungono le due associazioni - le nostre associazioni metteranno in campo tutte le iniziative funzionali al risarcimento di coloro che ne faranno richiesta. Analizzeremo inoltre la verificabilità della messa in campo dello strumento della class action. Secondo noi - concludono Adusbef e Federconsumatori - si tratta di un indebito lucrare delle banche che ha coinvolto 150.000 famiglie».

mercoledì 14 maggio 2008

QUALCUNO CI ARRIVA DA SOLO...


L'UE “Sì agli sgravi fiscali ma solo se si riduce la spesa”

Almunia ottimista sull'inflazione: «Durante il 2009 tornerà al 2%».
BRUXELLES Si parla di inflazione e le facce si fanno scure. «In questo momento è il problema principale» ammette Jean-Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo, il club dei ministri economici della zona euro. Freddo il sorriso con cui sceglie di non rispondere il numero uno della Bce, il francese Trichet, l'altro Jean-Claude della comitiva. Inevitabile, coi listini che nella media europea cresceranno del 3,3% nel 2008, ovvero oltre un punto in più di quanto indicato dai Trattati come obiettivo di stabilità monetaria assegnato alla banca centrale a dodici stelle per la gestione dei tassi. I tempi dono difficili, anche se non perde la calma il commissario Ue per l’Economia, Joaquin Almunia. «Nella seconda metà di quest'anno - assicura - il carovita scenderà vicino al 3%. E nel 2009 si attesterà di nuovo intorno al due». Il messaggio dello spagnolo è che il picco dei prezzi è stato superato. Di questo, oltre che del mix politico per ridare gas alla congiuntura, ne hanno parlato a lungo ieri sera gli uomini dell’Eurogruppo, preoccupati per il brevissimo periodo eppure ottimisti sulle possibilità del vecchio continente di scongiurare una crisi all’americana grazie alla tenuta dei fondamentali. Una seduta di approfondimento, colorata dai saluti per il ritrovato Giulio Tremonti, al suo terzo ritorno bruxellese. Accoglienza «calorosa» secondo chi era presente e saluti di bentornato. «Non è una novità, lo conosciamo a fondo - ha commentato il collega spagnolo Pedro Solbes - Non ho dubbi che ci capiremo bene». L’Eurogruppo è alle prese con la verifica degli obiettivi di bilancio, ovvero della strategia con cui a Berlino un anno fa si è vincolato al raggiungimento del pareggio nel 2010 (l’Italia ha chiesto e ottenuto di arrivare con un anno di ritardo) e a realizzare mezzo punto in percentuale del pil di risanamento strutturale ogni esercizio. Nel complesso, tutti paiono orientati a continuare sul cammino intrapreso. Per questo viene reiterata la volontà di «evitare nuove spese» e le linee guida di non «tagliare le tasse senza controbilanciare la misura con altre entrate strutturali o con una riduzione della spesa». Il messaggio vale per l’Italia, e non solo. Il governo Berlusconi ha promesso di realizzare nei primi cento giorni una serie di tagli fiscali ai quali l’Europa guarda con attenzione. Regola che viene ricordata anche alla Francia, cioè al paese che più si avvicina al limite del 3% del pil oltre il quale scatta la procedura per deficit eccessivo. Giro di tavolo anche sulle crisi finanziarie e sul loro effetto sulla crescita. Illustrata dagli olandesi una proposta potenzialmente dirompente: la definizione di un meccanismo fiscale per limitare stipendi, bonus e superliquidazioni concessi ai top manager delle grandi istituzioni finanziarie e delle banche. «Mentre chiediamo la moderazione salariale la tendenza all’aumento dei superstipendi è scandalosa», ha detto Junker. Positive le prime reazioni, salvo registrare l’irrigidimento britannico. Gli stati membri invieranno alla commissione le informazioni sul trattamento dei top manager perché Bruxelles posso presentare una proposta d’intervento. «Deve essere un intervento di respiro internazionale - ha concluso il presidente dell’Eurogruppo - ma è bene che l’Europa dia il buon esempio agli altri».

Pendolari, i nuovi malati

Tendono a sviluppare rituali ossessivi per calmare l'ansia e perdono la creatività sul lavoro.
MILANO - La giornata comincia all'alba: c'è un treno da prendere. Poi l'attesa del convoglio, magari in ritardo, con l'apprensione di una possibile perdita delle successive coincidenze. Poi l'arrivo in città e l'attesa dell'autobus, del tram o della metropolitana. E poi, l'agognato traguardo: l'ufficio, con la «strisciata» del badge entro l'orario. Vita quotidiana da pendolari, esposti ogni giorno ai capricci dei ritardi e dei tempi morti. In Italia sono 13 milioni secondo il Censis. Una massa di lavoratori che, minimo, rischia di cominciare a lavorare già stressato. Lo ha ribadito e sottolineato Massimo Di Giannantonio, psichiatra dell'università Gabriele D'Annunzio di Chieti e dirigente della Società italiana di psichiatria (Sip). «Sul pendolare grava un impegno che lede la dimensione dell'identità», spiega Di Giannantonio. «E alla condizione di stress si aggiunge l'instabilità e la vulnerabilità. I pendolari non sono mai consapevoli della loro autonomia lavorativa. Per loro il viaggio è una perdita di tempo, denaro, energia mentale, concentrazione».
PERDITA DI CREATIVITA' - Il prezzo viene pagato in vari modi, ma anche e soprattutto con la riduzione della creatività sul lavoro: «Impercettibilmente, anno dopo anno, il pendolare accumula stress e fatica psicofisica, un gap in termini di rendimento e motivazione che lo porta all'appiattimento lavorativo». Il pendolare stanco è uno stressato cronico, osserva Di Giannantonio, e «la manifestazione fisica del disagio è la componente ossessiva che entra nel suo comportamento quotidiano. Dovendo difendersi dalle situazioni che vive, sviluppa aggressività e attenzione maniacale per i propri ritmi quotidiani».
RITUALI OSSESSIVI - Il pendolare è severo nelle tabelle di marcia, ossessionato dagli orari e da rituali di cui non riesce più a fare a meno. Il campanello d'allarme, avverte lo psichiatra, «sono le reazioni violente che ha nei confronti di chi gli tocca queste abitudini». L'imprevisto, e tutto quello che intacca il ritmo dei suoi viaggi, rappresenta un danno incalcolabile per il suo equilibrio emotivo. «Il pendolare cronico - prosegue l'esperto - ha reazioni che denotano una forte instabilità e irritabilità, perchè si è costruito una struttura che non ammette deroghe». Non sono esenti da conseguenze psichiche neanche i «pendolari fasicì»: chi affronta lunghi viaggi settimanali o periodici. Un esempio sono i marinai o i lavoratori delle piattaforme petrolifere. «In questo caso - spiega Di Giannantonio - il pendolare va incontro a un'alternanza bioritmica negativa: per un determinato lasso di tempo si occupa solo del lavoro raggiungendo la piena realizzazione. Poi nel periodo di pausa, al ritorno a casa, si sente improvvisamente come disoccupato, ha difficoltà a riempire tutto il tempo di cui dispone e va incontro a noia, abulia e disadattamento, con gravi conseguenze sui rapporti familiari».

martedì 13 maggio 2008

Brunetta: "I dipendenti fannulloni vanno semplicemente licenziati"

Colpirne uno per educarne cento", dichiara a 'Porta a Porta'"Gli strumenti ci sono: vanno applicati", anche con il contributo dei sindacati.
ROMA - I "dipendenti fannulloni" "vanno semplicemente licenziati": è la netta posizione del ministro dell'Innovazione e della Funzione Pubblica Renato Brunetta, nel discorso d'inaugurazione del Forum della P.A. alla Fiera di Roma. E più tardi, nella registrazione di Porta a Porta, aggiunge: "Colpirne uno per educarne cento. Chi non lavora non deve mangiare, il sistema pubblico deve essere equiparato a quello privato premiando chi lavora bene e licenziando chi non lo fa. Bisogna puntare sugli incentivi come accade nelle aziende private". A sindacati e dipendenti pubblici Brunetta, propone un "grande patto per cambiare il Paese". "La gente si aspetta cose drastiche, non sprechiamo questo momento emozionale - afferma - Se le organizzazioni sindacali e i dipendenti accetteranno questo approccio avranno raggiunto un grande risultato, altrimenti saranno marginalizzati". E successivamente, al programma Porta a Porta, il ministro ribadisce di voler colpire "i fannulloni assenteisti che nella Pubblica Amministrazione il doppio del settore privato". "Non è possibile che non ci sia neanche un licenziamento e neanche la cassa integrazione", ha rincarato. Secondo Brunetta, già ci sono le leggi che consentono di prendere questi provvedimenti. Strumenti "che non sono mai stati utilizzati. Ma il clima è cambiato. E' un miracolo che la Pubblica Amministrazione ancora stia in piedi non avendo strumenti come incentivi e disincentivi, premi e punizioni. In queste condizioni un'azienda privata avrebbe già chiuso". Le parole d'ordine saranno trasparenza, valutazione e benchmarking.
E per il reclutamento del personale, Brunetta non ha dubbi: "Dovrà prevalere la selezione dei migliori, ridando alla dirigenza pubblica il potere disciplinare. Ma saranno i dirigenti i primi ad essere valutati". In questo piano per l'efficienza della Pubblica Amministrazione il nuovo ministro ha chiesto anche la collaborazione dell'opposizione, "perché far funzionare la P.A. non è né di destra né di sinistra. "Non penso di essere Napoleone, ma un professore bravo che da trent'anni studia queste questioni e penso di avere la necessaria umiltà per fare bene", prosegue Brunetta secondo il quale gli strumenti per il cambiamento sono il federalismo, la banda larga e l'Ict. "Le pubbliche amministrazioni - sottolinea - sono un miracolo, forniscono prodotti 'subottimali', devono invece comportarsi come un girasole: orientarsi ai bisogni di cittadini e imprese". Brunetta ha sottolineato anche la necessità di mettere in concorrenza il settore pubblico col privato. Bisogna "pagare una volta sola, non si può pagare con le tasse e poi ripagare perché i servizi non funzionano".

Istat: in calo la produzione industriale

A marzo registrata una flessione del2,5% rispetto allo stesso mese 2007.Giù del 9,2% la produzione di auto.
ROMAL’effetto Pasqua frena la produzione industriale, che a marzo registra una flessione del 2,5% rispetto allo stesso mese del 2007, contro il -0,7% di febbraio (dato rivisto da -0,8%). Lo rende noto l’Istat avvertendo che si tratta del dato corretto per i giorni lavorativi. Su base grezza la produzione registra infatti una flessione ancora più marcata: -7,4%, contro il +3,1% del mese scorso (dato rivisto da +2,9%), il calo tendenziale maggiore da aprile 2006 (quando fu dell’8,3%). La Pasqua, ricorda l’Istituto, quest’anno è caduta nel mese di marzo mentre l’anno scorso era ad aprile, per cui l’effetto confronto è sfavorevole. A marzo, fa sapere l’Istituto, i giorni lavorativi sono stati 20, contro i 22 dello stesso mese del 2007. Rispetto al mese precedente la produzione è calata in termini destagionalizzati dello 0,2%, variazione pari a quella di febbraio. Nel primo trimestre, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, l’indice della produzione industriale registra un flessione dell’1,1% in termini corretti per i giorni lavorativi, a fronte di un calo del 1,6% dell’indice grezzo.La produzione di autovetture nel mese di marzo ha registrato una flessione del 9,2% su base annua. Lo rende noto l’Istat, spiegando che il calo dell’indice grezzo (non è disponibile quello corretto per giorni lavorativi, che tiene conto quindi le festività pasquali) è stato del 15,1% nei primi tre mesi dell’anno. La produzione di autoveicoli è diminuita del 3% a marzo (+4,8% il dato corretto per i giorni lavorativi) e del 2,9% nei primi tre mesi dell’anno (-0,5% corretto).

Tariffe, nuovi rincari per luce e gas Una «stangata» di 190 euro l'anno

Aumenti tariffari del 3,9% per il metano e del 2,5% per l'energia elettrica da luglio.
ROMA - Ancora rincari in arrivo per luce e gas. Secondo le prime stime del Rie, dal luglio prossimo sulle famiglie potrebbe abbattersi una nuova stangata: le continue fiammate del greggio porteranno, infatti, ad aumenti tariffari del 3,9% per il metano e del 2,5% per l'energia elettrica. Tradotte in moneta sonante, queste percentuali significano circa 51 euro in più in bolletta. Una famiglia che consuma circa 1.400 metri cubi di gas l'anno si troverà a pagare circa 40 euro in più; mentre il rincaro della luce, considerando un consumo medio annuo di 2.700 Kw/h, costerà 11 euro in più. STANGATA - In un anno, la bolletta di luce e gas peserà sui bilanci delle famiglie italiane per 190 euro in più. Secondo le previsioni del Rie, infatti, nel 2008 il gas aumenterà del 14,3% e l'energia elettrica del 12,8%

Nuovi record per benzina e gasolio Il pieno costa 216 euro in più all'anno

La verde raggiunge gli 1,483 euro al litro, mentre il diesel tocca quota 1,479. Il petrolio oltre i 126 dollari al barile.
MILANO - Non si ferma la corsa del petrolio e di conseguenza quella dei carburanti. Nuovo record storico del petrolio che, nelle contrattazioni a New York, sale fino a 126,40 dollari al barile. E di conseguenza nuovi record storici per i prezzi di gasolio e benzina in Italia. La benzina è volata a 1,483 euro al litro, mentre il gasolio è salito a 1,479 euro al litro. A raggiungere i nuovi record - secondo le rilevazioni del Quotidiano Energia - è l'Agip, che rispetto ai prezzi in vigore alla fine della scorsa settimana ha aumentato di 1,1 centesimi la verde e di 2,4 centesimi il gasolio. Rialzi vicini ai massimi anche per la Tamoil, che ha portato la benzina a 1,482 euro e il diesel a 1,478 euro al litro.
I CONSUMATORI - I continui aumenti dei prezzi della benzina si traducono in pesanti ricadute per gli automobilisti. Chi ha un consumo di 1200 litri all’anno, pari a 2 pieni al mese solo per costi diretti paga 216 euro in più all’anno per la benzina e 360 euro per il gasolio. È la stima fatta da Adusbef e Federconsumatori che in una nota sottolineano come «anche per quanto riguarda i costi indiretti, la situazione sta diventando drammatica, essendo i beni di largo consumo trasportati per l’85% su strada». «Calcolando che per ogni 3 centesimi di aumento del gasolio si produce uno 0,1% in più sul tasso di inflazione, la ricaduta negativa sui prezzi, calcolata sull’aumento del costo di gasolio autotrazione di 34 centesimi, sarà di 1,1 punti percentuali, pari quindi a 330 euro annui», aggiungono le due associazioni che chiedono che «prima che si intervenga sulle questioni strutturali, si decida immediatamente una riduzione dell’accisa dai 4 ai 6 centesimi sui prezzi dei carburanti».

La nuova lotta:la vita di tutti i giorni

Come già sottolineato da Fabio nel suo intervento, oggi ,non viviamo in quel contesto storico che vedeva oppressi ed oppressori, dove le condizioni di vita andavo oltre l'umano pensiero, tuttavia in questa era consumistica ,la lotta, inizia nell'affrontare la quotidianità, fatta dei bisogni dei figli,di benzina, della spesa quotidiana, ,di bollette , di rate dei mutui, di spese impreviste e anche di spese inutili...
Ogni fine mese, ci si accorge che le tasche sono sempre più leggere e le richieste sempre più pesanti...
La nuova lotta sarà trovare più serenità nell'affrontare la vita di tutti i giorni...
Aprile Alessandro

lunedì 12 maggio 2008

INTERVENTO DI PENSIERO DI UN DIRIGENTE SINDACALE

Non avrei mai più pensato di guardare la mia raccolta di libri, e per noia essere attratto da un piccolo libro. Un piccolo libro, per lo meno per chi condivide gli ideali dell’affermazione del proletariato: è un gran libro.
Per chi invece non ha nel suo cuore la difesa per gli oppressi, almeno storicamente deve riconoscere che è l’inizio della "guerra santa dei pezzenti", il 1848 è la genesi del pensiero socialista moderno.
Il Manifesto del Partito Comunista scritto a due mani da K. Marx e F. Engel, forse nella sua (ri)lettura, "sdogana" anche il Movimento Operaio, se mai ne avesse avuto la necessità, solo sul fatto che nel titolo vi è la parola "comunista".
E’ straordinariamente affascinante, come la suddivisione sociale, in odore di una società ancora legata ai fattori produttivi, vedendo sempre la terra ed il capitale e la forza lavoro, l’unico strumento, che la classe padronale deteneva, per l’assolutismo dello sfruttamento a loro piacimento, più che mai vicino a noi, al nostro tempo.
I tempi sono cambiati, ma l’antagonismo è sempre lo stesso, la lotta delle classi.
Recensire un tale libro, vi chiedo venia non sono in grado, e non voglio neanche farlo, ma solo un invito alla sua lettura, al ricordo delle nostre origini, del proletariato che sollevando la schiena, chiedeva: ugualianza! Ma non è il nostro lavoro quotidiano di Sindacalisti! Ora nessuna Compagna partorisce dinnanzi ad un telaio di un opificio, e ne tantomeno nessun lavora con turni infernali, però quante volte ai giorni d'oggi, assistiamo ai diritti di un Lavoratore, lesi!
Mi permetto un'ultima considerazione, ricordiamo il passato come punto di partenza, senza ancorarci, forti delle Lotte che ci hanno permesso una giustizia sociale maggiore e senza timori di quello che siamo stati.
Uniti!Sempre uniti a tutti i lavoratori del mondo.

venerdì 9 maggio 2008

Trasporti, un venerdì a rischio

Lo sciopero proclamato dai sindacati di ferrovieri e autoferrotranvieriPer le Ferrovie l'orario va dalle 9 alle 13. Per bus e metro varia da città a città.
ROMA - Sciopero congiunto di quattro ore dei ferrovieri e degli autoferrotranvieri domani, proclamato da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Orsa Trasporti, Faisa e Fast. I ferrovieri si fermeranno sull'intero territorio nazionale dalle 9 alle 13. Diverse invece le fasce orarie in ambito urbano per gli autoferrotranvieri. Scopo della protesta è chiedere l'immediata apertura della trattativa per il rinnovo in tempi brevi della contratto nazionale unico per la mobilità. Per evitare disagi, Ferrovie dello Stato invita i viaggiatori ad informarsi in anticipo sul programma dei treni nazionali e internazionali. Lo sciopero non interessa le fasce orarie a maggiore mobilità pendolare (dalle 6 alle 9 e dalle 18 alle 21) durante le quali i treni circoleranno regolarmente. Inoltre, nel corso dello sciopero sarà garantito il collegamento tra Roma Termini e l'aeroporto di Fiumicino, attraverso il 'Leonardo Express' o il ricorso a servizi autobus sostitutivi. Saranno inoltre assicurati i treni a lunga percorrenza elencati nello specifico quadro dell'Orario Ufficiale e pubblicati anche sul sito di Ferrovie. "La protesta, che per la prima volta coinvolge contemporaneamente due settori, è stata indetta a sostegno della vertenza per il nuovo contratto collettivo nazionale della mobilità per gli addetti al trasporto locale, ferroviario e dei servizi", affermano in una nota i sindacati, sottolineando che "a circa tre mesi dall'invio della piattaforma alle controparti datoriali con richiesta di apertura del confronto e dopo aver esaurito, senza aver ricevuto nessuna convocazione, le procedure di raffreddamento", è stato indetto lo sciopero, sollecitando così l'avvio immediato della trattativa contrattuale.
Queste le fasce di attuazione dello sciopero degli addetti al trasporto pubblico locale in alcune delle principali città: a Roma dalle 8,30 alle 12,30; a Milano dalle 8,45 alle 12,45; a Napoli dalle 9 alle 13; a Torino dalle 17,45 alle 21,45; a Firenze dalle 17 alle 21; a Venezia-Mestre dalle 9 alle 12; a Genova dalle 9,35 alle 13,35; a Bologna dalle 12 alle 16; a Palermo dalle 9,30 alle 13,30; a Cagliari dalle 9,30 alle 13,30. Sciopero dei Cobas della scuola. Per domani è stato proclamato dai Cobas anche uno sciopero della scuola per chiedere "il ritiro immediato dell'ordinanza ministeriale numero 92", che ha come oggetto il recupero e il sostegno per gli studenti in difficoltà. "L'ordinanza - ha spiegato il portavoce nazionale dei Cobas della Scuola Piero Bernocchi - introduce recuperi-farsa che ridicolizzano la scuola, mette a rischio la formazione degli organici, impone lavoro gratuito agli Ata, lede il diritto alle ferie". A sostegno della protesta i Cobas hanno organizzato anche una manifestazione davanti al ministero dell'Istruzione, alle 9:30, in viale Trastevere.

Nuovo record per benzina e gasolio

La verde tocca quota 1,472 mentreil diesel raggiunge 1,455 euro al litro
De Vita: non sono esclusi altri rialzi
ROMANuovi record storici per i prezzi dei carburanti in Italia. La benzina è volata da questa mattina a 1,472 euro al litro mentre il gasolio ha raggiunto quota 1,455 euro al litro. A spingere la volata dei prezzi sui nuovi massimi è stata - secondo le rilevazioni di Quotidiano Energia - l’Agip che ha rivisto i propri listini aumentando di 2,5 centesimi al litro verde e diesel. Ondata di rincari anche per molti degli altri marchi presenti sulla rete italiana. In base agli aggiornamenti dei listini scattati oggi, oltre all’Agip che ha portato verde e diesel sui nuovi massimi storici, hanno rimesso mano ai prezzi anche Erg, Esso, Q8, Tamoil e Total. Con aumenti compresi tra gli 1,1 ed gli 0,7 centesimi per la benzina e tra gli 1,1 e gli 0,2 centesimi per il diesel. Nel giro dell’ultimo mese i prezzi della benzina hanno così messo a segno un rincaro fino a quasi 10 centesimi di euro al litro che per un’auto di medio-alta cilindrata si traducono in un maggior costo per un pieno di quasi 5 euro. Ancora più consistente il rincaro del gasolio: dall’inizio di aprile ad oggi i prezzi sono saliti di oltre 10 centesimi con il risultato che un rifornimento completo per un’auto diesel costa oggi oltre 5 euro in più rispetto a solo un mese fa. A spingere la corsa dei carburanti gioca la forte impennata del costo dell’oro nero: il barile di petrolio ha superato ormai i 120 dollari al barile e anche oggi viene scambiato sui massimi intorno a quota 123 dollari. E mentre proprio ieri sera il presidente dell’Unione Petrolifera, Pasquale De Vita, non ha escluso ulteriori possibili rialzi delle quotazioni della materia prima, i riflettori tornano a puntarsi sulle possibili manovre per contenere l’emergenza caro-pieno. A cominciare dalla possibile riapplicazione della norma della Finanziaria 2008 che consenta un abbattimento delle accise in grado di compensare il maggior gettito iva derivante dall’aumento della materia prima. La misura è stata già applicata nei mesi scorsi - con il risultato di un calo di 2 centesimi al litro sui prezzi al consumo - ed è scaduta il 30 aprile scorso. Per una riapplicazione ora serve un nuovo provvedimento - di concerto Attività Produttive-Economia - che in base al meccanismo previsto dalla Finanziaria (basato sull’andamento dei prezzi del greggio) potrebbe portare ad uno ’scontò più alto di quello appena scaduto alla luce dei forti rincari della materia prima nell’ultimo trimestre.

giovedì 8 maggio 2008

W il mondo delle Persone...


SERVIZI PER I MALATI


LA RIFORMA IL NUOVO TESTO

CGIL CISL UIL
LINEE DI RIFORMA DELLA STRUTTURA DELLA CONTRATTAZIONE
Obiettivi centrali sono il miglioramento delle condizioni di reddito, di sicurezza e qualità del lavoro dei lavoratori attraverso la crescita della qualità, del nostro paese, delle sue reti materiali e immateriali, del suo stato sociale e della qualità, competitività e produttività delle imprese.
L’obiettivo è la realizzazione di un accordo unico che definisca un modello contrattuale per tutti i settori pubblici e privati.
Va, quindi, aperto un tavolo con tutte le Associazioni datoriali e con il Governo.
La revisione della struttura della contrattazione definita dall’ accordo del 23 luglio 1993 è parte della stessa strategia che sta alla base del confronto su fisco, prezzi e tariffe.
La tutela e il miglioramento del reddito dei lavoratori vanno, infatti, perseguiti su due grandi terreni d’ impegno tra loro complementari ed interdipendenti:
1) quello "generale" che deve garantire un welfare solidaristico ed efficiente, un sistema di prezzi e tariffe trasparente, socialmente compatibile, in grado di frenare la ripresa dell’ inflazione ed, in particolare, un sistema fiscale equo che preveda una forte riduzione della pressione fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e sulle pensioni.
2) quello regolato dal sistema contrattuale su due livelli per tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni e per redistribuire la produttività.
In questo quadro si possono ipotizzare le seguenti linee di riforma del modello contrattuale definito dall’ accordo del 23 luglio 1993:
conferma di due livelli contrattuali tra loro complementari;
definizione del CCNL come centro regolatore dei sistemi contrattuali a livello settoriale e per la definizione delle competenze da affidare al secondo livello tenendo conto delle diverse specificità settoriali - anche al fine di migliorare spazi di manovra salariale e normativa della contrattazione aziendale o territoriale.
CONTRATTO NAZIONALE
I suoi compiti fondamentali – in un’ottica di diritto universale - sono il sostegno e la valorizzazione del potere d’acquisto per tutti i lavoratori di una categoria in ogni azienda e in ogni parte del Paese, la definizione della normativa nazionale e generale, la regolazione del sistema di relazioni industriali a livello settoriale, aziendale o territoriale. In questo senso il CCNL deve stabilire l’area contrattuale di riferimento; migliorare le normative di informazione – consultazione recependo lo spirito delle normative europee; ampliare la parte di confronto sugli andamenti e sulle politiche di settore, tenendo anche conto delle tendenze generali dell’economia. I contratti nazionali potranno prevedere che la contrattazione salariale del secondo livello si sviluppi a partire da una quota fissata dagli stessi CCNL.
Il modello del settore pubblico dovrà adottare regole analoghe a quelle del settore privato attraverso opportuni interventi di delegificazione da definire in sintonia con l’impostazione contenuta nel Memorandum. Tale impostazione andrà riferita anche alla contrattazione di secondo livello da realizzare nelle pubbliche amministrazioni.
Va effettuata una verifica in ordine alla razionalizzazione delle aree di copertura dei CCNL (oltre 400) prevedendo la possibilità di accorpamenti per aree omogenee e per settori, favorendo la riunificazione di contratti analoghi facenti riferimento a diverse organizzazioni di rappresentanza datoriale.
Va individuata una sede congiunta, ad esempio il CNEL per esaminare l’attuale situazione e verificare le linee di indirizzo condivise per la semplificazione.
Sulla parte economica occorre recuperare l’attendibilità della natura di inflazione a cui fare riferimento ed ancorare il sostegno del salario a criteri credibili definiti e condivisi in ambito di vera politica dei redditi.
Va utilizzato un concetto di "inflazione realisticamente prevedibile", supportata dai parametri ufficiali di riferimento, a livello dei CCNL.
In questo quadro va posto il tema dell’adeguamento degli attuali indicatori di inflazione (utilizzando altri indicatori certi quali il deflatore dei consumi interno o l’indice armonizzato europeo corretto con il peso dei mutui).
Rispetto al realizzarsi di eventuali differenziali inflazionistici vanno definiti meccanismi certi di recupero.
Va previsto il superamento del biennio economico e la fissazione della triennalità della vigenza contrattuale, unificando così la parte economica e normativa.
Occorre vincolare meglio il rispetto della tempistica dei rinnovi. Le una tantum a posteriori non recuperano mai del tutto il periodo di vacanza e il sistema delle IVC si è rivelato troppo debole come deterrente per dare certezza ai rinnovi.
Va considerata l’introduzione di penalizzazioni in caso di mancato rispetto delle scadenze.
Si può pensare di fissare comunque la decorrenza dei nuovi minimi salariali dalla scadenza del vecchio CCNL, superando così la concezione di "vacanza contrattuale", di una tantum o di indennità sostitutive.
Le trattative per il rinnovo dei CCNL dovranno iniziare 6 mesi prima delle loro scadenze.
Anche per contrastare la precarietà del lavoro, la formazione per l’accesso, per la sicurezza e la professionalità appare, nel contesto attuale di cambiamenti sempre più profondi e veloci, come la priorità su cui intervenire sia nella direzione di nuovi diritti contrattualmente definiti che nell’ implementazione e regolazione degli strumenti esistenti. In particolare va valorizzata l’esperienza della formazione continua e dei Fondi Interprofessionali.
Occorre rafforzare la normativa per i casi di appalti, outsourcing, cessioni di rami d’azienda.
Vanno definiti accordi e norme quadro per garantire condizioni normative, salariali e di sicurezza adeguate ed una continuità di relazioni industriali che eviti l’emarginazione dei lavoratori interessati.
Occorre costruire un quadro di certezza rispetto alle aree contrattuali di riferimento che, anche rispetto ai processi di liberalizzazione e in tutte le realtà a regime concessorio, argini il fenomeno del dumping contrattuale in particolare con la piena utilizzazione della "clausola sociale". Ai fini del rafforzamento e dell’estensione delle tutele sociali possono essere realizzati avvisi comuni tra le parti sociali, anche ai fini dell’emanazione di atti di indirizzo da parte delle Istituzioni preposte.
I temi della parità devono assumere una maggiore valenza contrattuale e configurarsi in normative definite e vincolanti.
Va superato l’approccio che tende a regolare queste materie prevalentemente in termini di dichiarazioni di principio o di intenti programmatici.
Occorre sviluppare un’impostazione contrattuale che incoraggi le imprese ad assumere donne e offra, al tempo stesso, strumenti per la conciliazione vita-lavoro.
La bilateralità offre una serie di strumenti attuativi esclusivamente "al servizio" della contrattazione; deve essere rafforzata e qualificata sia a livello nazionale che ne l territorio, qualificandolo anche sui temi del welfare contrattuale in modo da garantirne la natura integrativa.
Va considerata la sempre maggiore incidenza della dimensione europea ed internazionale.
L’internazionalizzazione dell’ economia e delle imprese, i processi di mobilità transnazionale delle aziende, la localizzazione/delocalizzazione degli investimenti e delle produzioni richiedono strumenti di intervento e di governance che vanno otre la dimensione nazionale.
Il manifestarsi di forme spurie di contrattazione transnazionale, l’avvio di costituzione di società europee (sulla base delle recenti direttive), l’avvio della revisione della direttiva sui CAE rendono necessario un confronto su questo tema.
SECONDO LIVELLO
Va sostenuta la diffusione qualitativa e quantitativa del secondo livello di contrattazione. Vanno rafforzati gli strumenti già definiti dall’ accordo del 23 luglio 2007 (decontribuzione pienamente pensionabile) con misure aggiuntive di detassazione.
Va affermata per via pattizia l’effettività e la piena agibilità del secondo livello di contrattazione. I CCNL dovranno prevedere, in termini di alternativita’, la sede aziendale o territoriale. Quest’ultima deve potersi dispiegare in una molteplicità di forme: regionale, provinciale, settoriale, di filiera, di comparto, di distretto, di sito. Questi obiettivi insieme danno compiutezza ed equilibrio al sistema contrattuale proposto.
Le oggettive differenze tra i vari settori rendono necessario che siano i singoli CCNL a definire le articolazioni del secondo livello.
La contrattazione accrescitiva di secondo livello sarà incentrata sul salario per obiettivi rispetto a parametri di produttività, qualità, redditività, efficienza, efficacia.
Il legame tra quote di salario e il complesso degli obiettivi di un’impresa richiede trasparenza sul quadro economico-finanziario e di bilancio, rispetto dei tempi delle verifiche e una più approfondita qualità dei processi di informazione e consultazione (assetti societari, situazioni debitorie e finanziarie).
La finanziarizzazione dell’economia rende sempre più necessaria la conoscenza in tempo reale degli aspetti finanziari per poter "leggere" l’ impresa.
I processi di trasformazione in atto richiedono una più alta capacità di contrattazione sull’organizzazione del lavoro, sulla condizione e prestazione lavorativa, sulla valorizzazione della professionalità –attraverso la formazione permanente -, sulle partite degli orari, su tutte le tematiche legate alla flessibilità contrattata, sul tema sempre più fondamentale della prevenzione e della formazione su salute e sicurezza del lavoro.
DEMOCRAZIA E RAPPRESENTANZA
La riforma sulla rappresentanza va attuata per via pattizia attraverso un accordo generale quadro.
Rappresentanza e rappresentatività
Confermando per il settore pubblico l’Accordo collettivo quadro del 7 agosto 1998 e la vigente legge sulla rappresentanza, facendo riferimento per la rappresentatività dei pensionati alle deleghe certificate dagli Enti previdenziali, per il settore privato viene indicato nel CNEL l’istituzione che, avvalendosi di specifici comitati con un alto profilo di competenza ed autonomia, certifichi la rappresentanza e la rappresentatività delle relative organizzazioni sindacali.
Per il settore privato la base della certificazione sono i dati associativi, riferiti di norma alle deleghe, come possono essere numericamente rilevati dall’INPS, prevedendo un’apposita
sezione nelle dichiarazioni aziendali del DM10, e trasmessi complessivamente al CNEL, nonché i consensi elettorali risultanti ai verbali elettorali delle RSU, che andranno generalizzate dappertutto, come già regolamentate dall’Accordo interconfederale del 1 dicembre 1993 e dai CCNL, trasmessi dalle Confederazioni allo stesso CNEL.
Cgil Cisl Uil intendono richiedere la riforma della governance degli enti previdenziali. In questa prospettiva i propri rappresentanti saranno eletti direttamente dalle lavoratrici e dai lavoratori.
Il CNEL dovrà diventare l’istituzione certificatrice di ultima istanza della rappresentanza e della rappresentatività delle organizzazioni, e quindi destinataria anche dei dati certificati dall’ARAN e, per i pensionati, dagli Enti previdenziali.
Democrazia sindacale
Accordi confederali con valenza generale:
Le piattaforme sindacali vengono proposte unitariamente dalle segreterie, e dibattute negli organismi direttivi interessati i quali approvano le piattaforme da sottoporre successivamente alla consultazione dell’insieme dei lavoratori e dei pensionati.
Tutto il percorso negoziale, dalla piattaforma alla firma, deve essere accompagnato da un costante coinvolgimento degli organismi delle Confederazioni, prevedendo momenti di verifica degli iscritti, e assemblee di tutti i lavoratori e pensionati.
Le segreterie assumono le ipotesi di accordo, le sottopongono alla valutazione e approvazione dei rispettivi organismi direttivi per il mandato alla firma da parte delle stesse, previa consultazione certificata fra tutti i lavoratori, lavoratrici, pensionate e pensionati, come già fatto nel 1993 e nel 2007.
Accordi di categoria:
Le federazioni di categoria, nel quadro delle scelte di questo documento definiranno specifici regolamenti sulle procedure per i loro rinnovi contrattuali al fine di coinvolgere sia gli iscritti che tutti i lavoratori e le lavoratrici.
Tali regolamenti dovranno prevedere sia il percorso per la costruzione delle piattaforme che per l’approvazione delle ipotesi di accordo. Insieme le categorie definiranno regole e criteri per l’elezione delle RSU e per una loro generalizzazione.

Gli obiettivi: reddito, sicurezza e qualità

«Serve un accordo unico che definisca un modello contrattuale per tutti i settori pubblici e privati»
Il testo, intitolato "Linee di riforma della struttura della contrattazione", approvato si occupa della revisione del modello contrattuale. «Obiettivi centrali sono il miglioramento delle condizioni di reddito, di sicurezza e qualità del lavoro dei lavoratori attraverso la crescita della qualità, del nostro paese, delle sue reti materiali e immateriali, del suo stato sociale e della qualità, competitività e produttività delle impresè. L'obiettivo - prosegue il testo - è quello di un accordo unico che definisca un modello contrattuale per tutti i settori pubblici e privati. Va, quindi, aperto un tavolo con tutte le Associazioni datoriali e con il Governo. La revisione della struttura della contrattazione definita dall'accordo del 23 luglio 1993 è parte della stessa strategia che sta alla base del confronto su fisco, prezzi e tariffe».
REDDITO - «La tutela e il miglioramento del reddito dei lavoratori vanno, infatti, perseguiti su due grandi terreni d'impegno tra loro complementari ed interdipendenti: 1) quello "generale" che deve garantire un welfare solidaristico ed efficiente, un sistema di prezzi e tariffe trasparente, socialmente compatibile, in grado di frenare la ripresa dell'inflazione ed, in particolare, un sistema fiscale equo che preveda una forte riduzione della pressione fiscale sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e sulle pensioni; 2) quello regolato dal sistema contrattuale su due livelli per tutelare il potere d'acquisto delle retribuzioni e per redistribuire la produttività». «In questo quadro si possono ipotizzare le seguenti linee di riforma del modello contrattuale definito dall'accordo del 23 luglio 1993: conferma di due livelli contrattuali tra loro complementari; definizione del CCNL come centro regolatore dei sistemi contrattuali a livello settoriale e per la definizione delle competenze da affidare al secondo livello tenendo conto delle diverse specificità settoriali - anche al fine di migliorare spazi di manovra salariale e normativa della contrattazione aziendale o territoriale». CONTRATTO NAZIONALE - «I suoi compiti fondamentali "in un'ottica di diritto universale" sono il sostegno e la valorizzazione del potere d'acquisto per tutti i lavoratori di una categoria in ogni azienda e in ogni parte del Paese, la definizione della normativa nazionale e generale, la regolazione del sistema di relazioni industriali a livello settoriale, aziendale o territoriale. In questo senso il CCNL deve stabilire l'area contrattuale di riferimento; migliorare le normative di informazione e consultazione recependo lo spirito delle normative europee; ampliare la parte di confronto sugli andamenti e sulle politiche di settore, tenendo anche conto delle tendenze generali dell'economia. I contratti nazionali potranno prevedere che la contrattazione salariale del secondo livello si sviluppi a partire da una quota fissata dagli stessi CCNL. Il modello del settore pubblico dovrà adottare regole analoghe a quelle del settore privato attraverso opportuni interventi di delegificazione da definire in sintonia con l'impostazione contenuta nel Memorandum. Tale impostazione andrà riferita anche alla contrattazione di secondo livello da realizzare nelle pubbliche amministrazioni. «Va effettuata una verifica in ordine alla razionalizzazione delle aree di copertura dei CCNL (oltre 400) prevedendo la possibilità di accorpamenti per aree omogenee e per settori, favorendo la riunificazione di contratti analoghi facenti riferimento a diverse organizzazioni di rappresentanza datoriale. Va individuata una sede congiunta, ad esempio il CNEL per esaminare l'attuale situazione e verificare le linee di indirizzo condivise per la semplificazione». Sulla parte economica occorre recuperare l'attendibilità della natura di inflazione a cui fare riferimento ed ancorare il sostegno del salario a criteri credibili definiti e condivisi in ambito di vera politica dei redditi. Va utilizzato un concetto di «inflazione realisticamente prevedibile», supportata dai parametri ufficiali di riferimento, a livello dei CCNL.

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