Tendono a sviluppare rituali ossessivi per calmare l'ansia e perdono la creatività sul lavoro.
MILANO - La giornata comincia all'alba: c'è un treno da prendere. Poi l'attesa del convoglio, magari in ritardo, con l'apprensione di una possibile perdita delle successive coincidenze. Poi l'arrivo in città e l'attesa dell'autobus, del tram o della metropolitana. E poi, l'agognato traguardo: l'ufficio, con la «strisciata» del badge entro l'orario. Vita quotidiana da pendolari, esposti ogni giorno ai capricci dei ritardi e dei tempi morti. In Italia sono 13 milioni secondo il Censis. Una massa di lavoratori che, minimo, rischia di cominciare a lavorare già stressato. Lo ha ribadito e sottolineato Massimo Di Giannantonio, psichiatra dell'università Gabriele D'Annunzio di Chieti e dirigente della Società italiana di psichiatria (Sip). «Sul pendolare grava un impegno che lede la dimensione dell'identità», spiega Di Giannantonio. «E alla condizione di stress si aggiunge l'instabilità e la vulnerabilità. I pendolari non sono mai consapevoli della loro autonomia lavorativa. Per loro il viaggio è una perdita di tempo, denaro, energia mentale, concentrazione».
PERDITA DI CREATIVITA' - Il prezzo viene pagato in vari modi, ma anche e soprattutto con la riduzione della creatività sul lavoro: «Impercettibilmente, anno dopo anno, il pendolare accumula stress e fatica psicofisica, un gap in termini di rendimento e motivazione che lo porta all'appiattimento lavorativo». Il pendolare stanco è uno stressato cronico, osserva Di Giannantonio, e «la manifestazione fisica del disagio è la componente ossessiva che entra nel suo comportamento quotidiano. Dovendo difendersi dalle situazioni che vive, sviluppa aggressività e attenzione maniacale per i propri ritmi quotidiani».
RITUALI OSSESSIVI - Il pendolare è severo nelle tabelle di marcia, ossessionato dagli orari e da rituali di cui non riesce più a fare a meno. Il campanello d'allarme, avverte lo psichiatra, «sono le reazioni violente che ha nei confronti di chi gli tocca queste abitudini». L'imprevisto, e tutto quello che intacca il ritmo dei suoi viaggi, rappresenta un danno incalcolabile per il suo equilibrio emotivo. «Il pendolare cronico - prosegue l'esperto - ha reazioni che denotano una forte instabilità e irritabilità, perchè si è costruito una struttura che non ammette deroghe». Non sono esenti da conseguenze psichiche neanche i «pendolari fasicì»: chi affronta lunghi viaggi settimanali o periodici. Un esempio sono i marinai o i lavoratori delle piattaforme petrolifere. «In questo caso - spiega Di Giannantonio - il pendolare va incontro a un'alternanza bioritmica negativa: per un determinato lasso di tempo si occupa solo del lavoro raggiungendo la piena realizzazione. Poi nel periodo di pausa, al ritorno a casa, si sente improvvisamente come disoccupato, ha difficoltà a riempire tutto il tempo di cui dispone e va incontro a noia, abulia e disadattamento, con gravi conseguenze sui rapporti familiari».
a Peppino Impastato e Santo De Luca
mercoledì 14 maggio 2008
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