a Peppino Impastato e Santo De Luca

giovedì 9 ottobre 2008

Un ricordo per le vittime del Vajont a 45 anni da quel tragico giorno.

Fu un evento drammatico, che commosse il mondo intero per la sua singolarità e l'ampiezza delle conseguenze. Avvenne il 9 ottobre 1963: una frana di notevoli proporzioni (circa 260 milioni di metri cubi di materiale) staccatasi dal monte Toc precipitò nel bacino artificiale del Vajont (un lago creato dalla più alta diga del mondo - 267 m). Il materiale caduto (a una velocità di circa 95 km all'ora dal versante meridionale nel lago), riempì l'invaso per una lunghezza di 1,8 km e un'altezza di 152 m al di sopra del livello idrico. Il violento impatto provocò un'ondata di oltre 200 metri che, dopo avere lambito gli abitati di Erto, Casso e S.Martino posti a monte, si abbattè sulla diga asportandone la parte superiore; quindi si incanalò nella profonda gola del Vajont, raggiungendo la sottostante valle del Piave e cancellando in pochi minuti il grosso centro di Longarone e altri abitati minori. La catastrofe, provocò circa 2 mila morti. Fu aperta un'inchiesta giudiziaria. Il processo venne celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 e si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale (ditte Sade-Montedison-Enel), per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi. Motivazioni principali: sono stati commessi tre fondamentali errori umani che hanno portato alla strage: l'aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l'aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l'allarme la sera del 9 ottobre per attivare l'evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione. La zona in cui si è verificato l'evento catastrofico continua a parlare alla coscienza di quanti la visitano attraverso la lezione, quanto mai attuale, che da esso si può apprendere.

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