Un ricordo alla mamma di un collega, anche lei colpita da questa inesorabile malattia.
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Stefano Borgonovo 44 anni
Capire la Sla in 10 domande
La malattia degenerativa colpisce ogni anno 6 persone ogni 100.000, ma nel calcio i casi sono sproporzionati: 40 su 30.000 giocatori monitorati dagli anni Cinquanta a oggi
Che cosa è la Sla? La Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) è una malattia degenerativa del sistema nervoso e colpisce i motoneuroni, che danno impulsi ai muscoli. I muscoli non recepiscono più i comandi e diventano atrofici, si spengono. Mani, gambe e braccia non rispondono alle sollecitazioni, si arriva alla paralisi del corpo. Vengono attaccati i muscoli di respirazione e deglutizione, così si procede alla tracheotomia – incisione della trachea per via chirurgica, per consentire al paziente di respirare - e all’alimentazione tramite sondino. La Sla risparmia la mente e le funzioni sensoriali, sessuali, intestinali e vescicali. La morte in genere arriva per blocco della respirazione o per una superinfezione bronchiale. In media si sopravvive dai tre ai cinque anni, ma ci sono pazienti che resistono per dieci anni e più.
Perché la Sla è nota anche come morbo di Gehrig? In Europa, fino a pochi decenni fa, si chiamava malattia di Charcot, dal cognome del neurologo francese che per primo la descrisse verso la fine dell’Ottocento. Negli Stati Uniti, però, a partire dagli anni Quaranta cominciarono a definirla a morbo di Gehrig, in onore di Lou Gehrig, il campione americano di baseball, ucciso dalla Sla all’età di 38 anni nel 1941. Fuoriclasse dei New York Yankees, Gehrig era soprannominato il Cavallo di Ferro. Stabilì un impressionante record di partite giocate consecutivamente (2.130). Sulla sua vita nel 1941 venne girato un film, "L’idolo delle folle", interpretato da Gary Cooper. A proposito, in Inghilterra la Sla è stata per qualche tempo identificata come la malattia di David Niven, attore inglese, premio Oscar nel 1958 e morto in Svizzera nel 1983. Oggi un altro inglese, il fisico Steve Hawking, famoso per gli studi sui buchi neri, combatte ogni giorno contro la Sla.
Quali sono i sintomi? Di solito si inciampa senza un motivo apparente o si fatica a usare un braccio o una mano. Nella sua forma più grave, quella bulbare, la Sla colpisce la funzione della parola. Si comincia a parlare in modo sconnesso, si saltano lettere. E si possono avere problemi di deglutizione. In ogni caso questo è un morbo difficile da diagnosticare. Al momento non esiste un test che possa confermare senza dubbio il male. L’elettromiografia (EMG) e la velocità di conduzione nervosa (VCN) sono di solito gli esami più indicati
Esiste una cura? No, la malattia è irreversibile. L’unico farmaco prescritto è il Rilutek, palliativo a base di riluzolo che rallenta, ma non arresta, il decorso (e le controindicazioni sono tante). Sono state fatte sperimentazioni con le cellule staminali. Il professor Francesco Fornai, dell’Università di Pisa, e la sua equipe stanno lavorando sul litio, che come farmaco è usato da molti anni in psichiatria. Il professor Fornai ha somministrato sali di litio a 16 ammalati di morbo di Gehrig, con speranza di vita limitata a un anno, e tutti sono sopravvissuti oltre i 16 mesi. Si guarda con fiducia agli Stati Uniti, dove la ricerca è stata finanziata con milioni di dollari. In generale sarebbe importante che le grosse case farmaceutiche si decidessero a investire con decisione nella ricerca.
Quanti sono i malati? Difficile essere precisi. Le statistiche dicono che ogni anno si registrano sei casi ogni centomila persone. Ecco perché spaventa il numero di malati accertati nel calcio italiano, oltre 40 su 30.000 giocatori monitorati dagli anni Cinquanta a oggi. La sproporzione è netta. A Torino il magistrato Raffaele Guariniello indaga da anni sulle morti sospette nel calcio. Sono stati Guariniello e i suoi ispettori e periti a censire gli oltre 40 ammalati di Sla nel football (ex giocatori professionisti e non). La lista completa non si conosce ancora.
Quali sono stati i calciatori più noti colpiti dalla Sla? Su tutti Gianluca Signorini, ex difensore di Parma, Roma e Genoa, morto nel 2002 a 42 anni. Poi diversi professionisti, dagli anni Cinquanta in su: Armando Segato (Fiorentina), Ernst Ocwirk, Tito Cucchiaroni e Guido Vincenzi (Samp), Giorgio Rognoni (Milan, Foggia e Cesena), Adriano Lombardi (Como, Avellino), Fabrizio Dipietropaolo (Roma, Parma), Fabrizio Falco (Salernitana, Novara, Taranto), Albano Canazza (Como), Narciso Soldan (Milan, Inter, Torino), Sauro Fracassa (Genoa, Lecco), Attilio Tassi (Cremonese), Otello Milan (Vicenza), Rino Gritti (Lazio, Lecco, Ternana), Lauro Minghelli (Torino), Ubaldo Nanni (Pisa). È morto di Sla anche Fulvio Bernardini, ex c.t. della Nazionale negli anni Settanta. Al momento sono sei gli ex calciatori ammalati: Stefano Borgonovo (Como, Milan, Fiorentina, Udinese), Piergiorgio Corno (Como) e Maurizio Vasino (Novara), Franco Tafuni (Matera) più due centrocampisti degli anni Ottanta dei quali non si sanno le generalità (chiesto il rispetto della privacy). In Gran Bretagna nel 2006 se ne è andato per Sla anche lo scozzese Jimmy Johnstone, ex del Celtic, l’ala destra che fece ammattire Facchetti nella finale di coppa dei Campioni 1967 (Celtic-Inter 2-1 a Lisbona).
Perché nel calcio il male è così diffuso? Al momento è impossibile rispondere con precisione, in Italia ci sono due ricercatori (Mora e Chiò) che lavorano proprio su questo versante. Quel che si sa sulla "connection" Sla/calcio lo dobbiamo a loro. Diciamo che allo stato attuale degli studi la Sla si può considerare una malattia determinata da predisposizione genetica e da un concorso di fattori (o mix di concause). Nel caso del calcio gli elementi che possono contribuire più di altri ad accendere la malattia sono questi: ripetuti traumi alle gambe e al capo; eccessi di fatica, specie in allenamento; abuso di antinfiammatori; il venire a contatto con pesticidi e diserbanti usati per mantenere l’erba dei campi.
Pesticidi e diserbanti? Sembra strano, ma è così. Del resto la Sla è presente tra i golfisti e nel football americano, come dimostrano ricerche statunitensi, e di recente il professor Adriano Chiò ha dichiarato alla Gazzetta: "In Italia la comunità più colpita è quella dei calciatori. A seguire gli agricoltori, attaccati il doppio rispetto alla media". Come è noto, in agricoltura si usano pesticidi e fertilizzanti. Mora e Chiò hanno avviato anche un’indagine sul rugby: purtroppo hanno già individuato un caso e comunque dall’estero arrivano notizie di ammalati anche nel mondo della palla ovale.
E il doping? Ahia, si tocca un tasto che fa infuriare gli appassionati di ciclismo. Mora e Chiò hanno fatto un ragionamento basico ("Se c’entra il doping, nel ciclismo dovremmo trovare tanti casi di Sla") e hanno avviato un’indagine. Sono state analizzate le cartelle cliniche di 1500 ciclisti e non si è trovato un ammalato (meno male). Dal mondo del ciclismo obiettano che le sostanze dopanti variano da sport a sport (vero) e che anche nel calcio esiste il doping (vero, mai affermato il contrario). Non è esatto, però, sostenere che calcio e ciclismo non abbiano sostanze dopanti in comune. Si pensi per esempio all’Epo, di cui nel calcio degli anni Novanta si è fatto uso per alzare le soglie della fatica, o alla corteccia surrenale, in voga nel calcio e nel ciclismo di trent’anni fa, periodo in cui giocavano diversi calciatori colpiti poi dalla Sla.
Allora il doping non può essere escluso con certezza dalla lista delle concause della Sla. No, non al cento per cento. Nel 2005 il professor Angelo Poletti dell’Università di Milano individuò un possibile punto di contatto tra anabolizzanti e Sla. Il parallelo col ciclismo induce però a ritenere che in tema di Sla il doping non sia una concausa primaria come i continui traumi a gambe e testa, l’abuso di antinfiammatori e il venire a contatto con i pesticidi, elementi che nel mondo della bici sono presenti in misura ridotta o assenti (pesticidi) rispetto al calcio.
La malattia degenerativa colpisce ogni anno 6 persone ogni 100.000, ma nel calcio i casi sono sproporzionati: 40 su 30.000 giocatori monitorati dagli anni Cinquanta a oggi
Che cosa è la Sla? La Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) è una malattia degenerativa del sistema nervoso e colpisce i motoneuroni, che danno impulsi ai muscoli. I muscoli non recepiscono più i comandi e diventano atrofici, si spengono. Mani, gambe e braccia non rispondono alle sollecitazioni, si arriva alla paralisi del corpo. Vengono attaccati i muscoli di respirazione e deglutizione, così si procede alla tracheotomia – incisione della trachea per via chirurgica, per consentire al paziente di respirare - e all’alimentazione tramite sondino. La Sla risparmia la mente e le funzioni sensoriali, sessuali, intestinali e vescicali. La morte in genere arriva per blocco della respirazione o per una superinfezione bronchiale. In media si sopravvive dai tre ai cinque anni, ma ci sono pazienti che resistono per dieci anni e più.
Perché la Sla è nota anche come morbo di Gehrig? In Europa, fino a pochi decenni fa, si chiamava malattia di Charcot, dal cognome del neurologo francese che per primo la descrisse verso la fine dell’Ottocento. Negli Stati Uniti, però, a partire dagli anni Quaranta cominciarono a definirla a morbo di Gehrig, in onore di Lou Gehrig, il campione americano di baseball, ucciso dalla Sla all’età di 38 anni nel 1941. Fuoriclasse dei New York Yankees, Gehrig era soprannominato il Cavallo di Ferro. Stabilì un impressionante record di partite giocate consecutivamente (2.130). Sulla sua vita nel 1941 venne girato un film, "L’idolo delle folle", interpretato da Gary Cooper. A proposito, in Inghilterra la Sla è stata per qualche tempo identificata come la malattia di David Niven, attore inglese, premio Oscar nel 1958 e morto in Svizzera nel 1983. Oggi un altro inglese, il fisico Steve Hawking, famoso per gli studi sui buchi neri, combatte ogni giorno contro la Sla.
Quali sono i sintomi? Di solito si inciampa senza un motivo apparente o si fatica a usare un braccio o una mano. Nella sua forma più grave, quella bulbare, la Sla colpisce la funzione della parola. Si comincia a parlare in modo sconnesso, si saltano lettere. E si possono avere problemi di deglutizione. In ogni caso questo è un morbo difficile da diagnosticare. Al momento non esiste un test che possa confermare senza dubbio il male. L’elettromiografia (EMG) e la velocità di conduzione nervosa (VCN) sono di solito gli esami più indicati
Esiste una cura? No, la malattia è irreversibile. L’unico farmaco prescritto è il Rilutek, palliativo a base di riluzolo che rallenta, ma non arresta, il decorso (e le controindicazioni sono tante). Sono state fatte sperimentazioni con le cellule staminali. Il professor Francesco Fornai, dell’Università di Pisa, e la sua equipe stanno lavorando sul litio, che come farmaco è usato da molti anni in psichiatria. Il professor Fornai ha somministrato sali di litio a 16 ammalati di morbo di Gehrig, con speranza di vita limitata a un anno, e tutti sono sopravvissuti oltre i 16 mesi. Si guarda con fiducia agli Stati Uniti, dove la ricerca è stata finanziata con milioni di dollari. In generale sarebbe importante che le grosse case farmaceutiche si decidessero a investire con decisione nella ricerca.
Quanti sono i malati? Difficile essere precisi. Le statistiche dicono che ogni anno si registrano sei casi ogni centomila persone. Ecco perché spaventa il numero di malati accertati nel calcio italiano, oltre 40 su 30.000 giocatori monitorati dagli anni Cinquanta a oggi. La sproporzione è netta. A Torino il magistrato Raffaele Guariniello indaga da anni sulle morti sospette nel calcio. Sono stati Guariniello e i suoi ispettori e periti a censire gli oltre 40 ammalati di Sla nel football (ex giocatori professionisti e non). La lista completa non si conosce ancora.
Quali sono stati i calciatori più noti colpiti dalla Sla? Su tutti Gianluca Signorini, ex difensore di Parma, Roma e Genoa, morto nel 2002 a 42 anni. Poi diversi professionisti, dagli anni Cinquanta in su: Armando Segato (Fiorentina), Ernst Ocwirk, Tito Cucchiaroni e Guido Vincenzi (Samp), Giorgio Rognoni (Milan, Foggia e Cesena), Adriano Lombardi (Como, Avellino), Fabrizio Dipietropaolo (Roma, Parma), Fabrizio Falco (Salernitana, Novara, Taranto), Albano Canazza (Como), Narciso Soldan (Milan, Inter, Torino), Sauro Fracassa (Genoa, Lecco), Attilio Tassi (Cremonese), Otello Milan (Vicenza), Rino Gritti (Lazio, Lecco, Ternana), Lauro Minghelli (Torino), Ubaldo Nanni (Pisa). È morto di Sla anche Fulvio Bernardini, ex c.t. della Nazionale negli anni Settanta. Al momento sono sei gli ex calciatori ammalati: Stefano Borgonovo (Como, Milan, Fiorentina, Udinese), Piergiorgio Corno (Como) e Maurizio Vasino (Novara), Franco Tafuni (Matera) più due centrocampisti degli anni Ottanta dei quali non si sanno le generalità (chiesto il rispetto della privacy). In Gran Bretagna nel 2006 se ne è andato per Sla anche lo scozzese Jimmy Johnstone, ex del Celtic, l’ala destra che fece ammattire Facchetti nella finale di coppa dei Campioni 1967 (Celtic-Inter 2-1 a Lisbona).
Perché nel calcio il male è così diffuso? Al momento è impossibile rispondere con precisione, in Italia ci sono due ricercatori (Mora e Chiò) che lavorano proprio su questo versante. Quel che si sa sulla "connection" Sla/calcio lo dobbiamo a loro. Diciamo che allo stato attuale degli studi la Sla si può considerare una malattia determinata da predisposizione genetica e da un concorso di fattori (o mix di concause). Nel caso del calcio gli elementi che possono contribuire più di altri ad accendere la malattia sono questi: ripetuti traumi alle gambe e al capo; eccessi di fatica, specie in allenamento; abuso di antinfiammatori; il venire a contatto con pesticidi e diserbanti usati per mantenere l’erba dei campi.
Pesticidi e diserbanti? Sembra strano, ma è così. Del resto la Sla è presente tra i golfisti e nel football americano, come dimostrano ricerche statunitensi, e di recente il professor Adriano Chiò ha dichiarato alla Gazzetta: "In Italia la comunità più colpita è quella dei calciatori. A seguire gli agricoltori, attaccati il doppio rispetto alla media". Come è noto, in agricoltura si usano pesticidi e fertilizzanti. Mora e Chiò hanno avviato anche un’indagine sul rugby: purtroppo hanno già individuato un caso e comunque dall’estero arrivano notizie di ammalati anche nel mondo della palla ovale.
E il doping? Ahia, si tocca un tasto che fa infuriare gli appassionati di ciclismo. Mora e Chiò hanno fatto un ragionamento basico ("Se c’entra il doping, nel ciclismo dovremmo trovare tanti casi di Sla") e hanno avviato un’indagine. Sono state analizzate le cartelle cliniche di 1500 ciclisti e non si è trovato un ammalato (meno male). Dal mondo del ciclismo obiettano che le sostanze dopanti variano da sport a sport (vero) e che anche nel calcio esiste il doping (vero, mai affermato il contrario). Non è esatto, però, sostenere che calcio e ciclismo non abbiano sostanze dopanti in comune. Si pensi per esempio all’Epo, di cui nel calcio degli anni Novanta si è fatto uso per alzare le soglie della fatica, o alla corteccia surrenale, in voga nel calcio e nel ciclismo di trent’anni fa, periodo in cui giocavano diversi calciatori colpiti poi dalla Sla.
Allora il doping non può essere escluso con certezza dalla lista delle concause della Sla. No, non al cento per cento. Nel 2005 il professor Angelo Poletti dell’Università di Milano individuò un possibile punto di contatto tra anabolizzanti e Sla. Il parallelo col ciclismo induce però a ritenere che in tema di Sla il doping non sia una concausa primaria come i continui traumi a gambe e testa, l’abuso di antinfiammatori e il venire a contatto con i pesticidi, elementi che nel mondo della bici sono presenti in misura ridotta o assenti (pesticidi) rispetto al calcio.
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