Il Codacons: "Calcolare in modo diverso l'inflazione"
ROMA - Fare la spesa costa di più al Nord. A volte molto di più. A certificarlo è una ricerca sulle differenze nel livello dei prezzi tra i capoluoghi di regione italiani. Le città più care in assoluto sono Genova, Bologna, Trieste e Bolzano, mentre la località più convenienti sono Napoli, L'Aquila, Campobasso e Palermo. Intanto il Codacons critica le procedure di calcolo dell'inflazione. Lo studio, realizzato da Istat, Unioncamere e Istituto Guglielmo Tagliacarne su dati del 2006, ha riguardato alcune tipologie di beni e ha avuto come riferimento un paniere di oltre 1.700 prodotti. In particolare si sono presi in considerazione tre capitoli di spesa (alimentari, abbigliamento e calzature e arredamento) per un peso complessivo pari a circa il 35% della spesa per consumi delle famiglie. I risultati mostrano differenze considerevoli tra i prezzi nelle varie regioni. I divari più rilevanti in assoluto riguardano il settore dell'arredamento, con Milano che si colloca 25,8 punti percentuali sopra la media e Campobasso 22,8 punti al di sotto. Per quanto riguarda i generi alimentari, le città più care sono Bolzano e Milano, che fanno registrare livelli dei prezzi più elevati di oltre il 10% rispetto alla media nazionale (rispettivamente +13,3% e +11,2%). Molto meno costosa Napoli (-10%). In generale, un gruppo di città (Genova, Bologna, Trieste e Bolzano) registra livelli dei prezzi superiori alla media nazionale in tutti e tre i capitoli considerati. Sul fronte opposto, un secondo gruppo (Napoli, L'Aquila, Campobasso e Palermo) evidenzia livelli dei prezzi inferiori alla media italiana sia nel capitolo alimentari che in quello dell'abbigliamento e calzature e dell'arredamento.
Dallo studio emerge inoltre che, per quanto riguarda i prodotti alimentari, si rilevano differenziali di prezzo "relativamente contenuti" per i prodotti lavorati e "nettamente più ampi" per i prodotti non lavorati, per i quali "forme tradizionali di commercializzazione del prodotto, aspetti di localizzazione e caratterizzazione della merce commercializzata sembrano rappresentare fattori che comportano spinte verso una maggiore variabilità di prezzi". Lo studio permette di avere un quadro piuttosto dettagliato sull'andamento dei prezzi nel paese. "Questa ricerca - spiega il presidente dell'Istat, Luigi Biggeri - è un'importante approfondimento per comprendere le differenze nel livello dei prezzi su base territoriale". "Si nota - aggiunge - una specie di dicotomia per alimentari, abbigliamento e calzature: in genere ci sono prezzi alti nelle città del Nord e più bassi nelle città del Sud. Per l'arredamento la situazione è più differenziata". La reazione del Codacons. I dati della ricerca spingono il Codacons a criticare i meccanismi con cui viene calcolata l'inflazione. "E' la dimostrazione - dice il presidente dell'associazione, Marco Donzelli - che il calcolo dell'inflazione, ossia dell'aumento relativo dei prezzi, non è rappresentativo del costo della vita, che dipende dal valore assoluto di partenza dei prezzi".
ROMA - Fare la spesa costa di più al Nord. A volte molto di più. A certificarlo è una ricerca sulle differenze nel livello dei prezzi tra i capoluoghi di regione italiani. Le città più care in assoluto sono Genova, Bologna, Trieste e Bolzano, mentre la località più convenienti sono Napoli, L'Aquila, Campobasso e Palermo. Intanto il Codacons critica le procedure di calcolo dell'inflazione. Lo studio, realizzato da Istat, Unioncamere e Istituto Guglielmo Tagliacarne su dati del 2006, ha riguardato alcune tipologie di beni e ha avuto come riferimento un paniere di oltre 1.700 prodotti. In particolare si sono presi in considerazione tre capitoli di spesa (alimentari, abbigliamento e calzature e arredamento) per un peso complessivo pari a circa il 35% della spesa per consumi delle famiglie. I risultati mostrano differenze considerevoli tra i prezzi nelle varie regioni. I divari più rilevanti in assoluto riguardano il settore dell'arredamento, con Milano che si colloca 25,8 punti percentuali sopra la media e Campobasso 22,8 punti al di sotto. Per quanto riguarda i generi alimentari, le città più care sono Bolzano e Milano, che fanno registrare livelli dei prezzi più elevati di oltre il 10% rispetto alla media nazionale (rispettivamente +13,3% e +11,2%). Molto meno costosa Napoli (-10%). In generale, un gruppo di città (Genova, Bologna, Trieste e Bolzano) registra livelli dei prezzi superiori alla media nazionale in tutti e tre i capitoli considerati. Sul fronte opposto, un secondo gruppo (Napoli, L'Aquila, Campobasso e Palermo) evidenzia livelli dei prezzi inferiori alla media italiana sia nel capitolo alimentari che in quello dell'abbigliamento e calzature e dell'arredamento.
Dallo studio emerge inoltre che, per quanto riguarda i prodotti alimentari, si rilevano differenziali di prezzo "relativamente contenuti" per i prodotti lavorati e "nettamente più ampi" per i prodotti non lavorati, per i quali "forme tradizionali di commercializzazione del prodotto, aspetti di localizzazione e caratterizzazione della merce commercializzata sembrano rappresentare fattori che comportano spinte verso una maggiore variabilità di prezzi". Lo studio permette di avere un quadro piuttosto dettagliato sull'andamento dei prezzi nel paese. "Questa ricerca - spiega il presidente dell'Istat, Luigi Biggeri - è un'importante approfondimento per comprendere le differenze nel livello dei prezzi su base territoriale". "Si nota - aggiunge - una specie di dicotomia per alimentari, abbigliamento e calzature: in genere ci sono prezzi alti nelle città del Nord e più bassi nelle città del Sud. Per l'arredamento la situazione è più differenziata". La reazione del Codacons. I dati della ricerca spingono il Codacons a criticare i meccanismi con cui viene calcolata l'inflazione. "E' la dimostrazione - dice il presidente dell'associazione, Marco Donzelli - che il calcolo dell'inflazione, ossia dell'aumento relativo dei prezzi, non è rappresentativo del costo della vita, che dipende dal valore assoluto di partenza dei prezzi".
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