a Peppino Impastato e Santo De Luca

lunedì 17 maggio 2010

Si presenta in ritardo al lavoro per portare il figlio all'asilo: licenziato

La Cub denuncia il caso di un dipendente di una ditta di distributori automatici: «La sanzione è ingiustificata»

MILANO - Appena uscito dalla cassa integrazione in deroga non ha potuto rispettare il nuovo turno imposto dall'azienda, le 7 invece che le 8.30: un turno che, afferma, gli impedisce di portare il figlio di quattro anni alla scuola materna. Per questo motivo Alex B., dipendente di una ditta di distributori automatici nel Milanese, è stato licenziato. Lo denuncia Angelo Pedrini della Cub, la Confederazione unitaria di base. Il sindacalista ha reso noto che insieme a Sdl, Rdb e Cobas ha chiesto l'intervento della Consigliera provinciale di parità per far applicare le politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro previste dalle leggi europee.
LA CASSA INTEGRAZIONE - La rescissione del rapporto di lavoro è avvenuta - spiega Pedrini - nell'azienda di distributori automatici «Bigarella» di Cassano d'Adda (Milano), dove alcuni dei 24 dipendenti, assunti con il contratto del commercio, sono stati messi nei mesi scorsi in cassa integrazione. Dopo aver completato il suo periodo Alex B., che deve accompagnare il bambino a scuola perché anche la moglie deve fare i turni, è stato richiamato in servizio ad inizio aprile. Il nuovo orario però gli «rende impossibile assolvere i suo doveri di padre riconosciuti costituzionalmente», e lui lo contesta. Per qualche giorno Alex riesce a far fronte al cambiamento di turno, ma tramite il sindacato comunica che potrà arrivare solo alle 8.30.
IL LICENZIAMENTO - Il 14 aprile accompagna il figlioletto alla materna, arriva in azienda con un'ora e mezza di ritardo e trova la lettera di licenziamento. «La priorità della gestione dei distributori automatici di caffè non può prevalere sui doveri di genitori previsti dalla Costituzione - afferma Pedrini - in ogni caso è la prima violazione, e la contestazione non poteva portare alla sanzione definitiva del licenziamento perché è nulla, ingiustificata e comunque sproporzionata. In questo caso a perdere il posto di lavoro è un papà, un uomo che non ha fatto altro che il suo dovere». Oltre alle iniziative legali - è stato spiegato - quelle di protesta continueranno fino al ritiro del licenziamento. (fonte: Ansa)

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